Povero Pd, pende dalle labbra di Nichi Vendola

Caro Granzotto, dal Vangelo di Matteo: «Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come dirai al tuo fratello: “Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello». Non è il caso della sinistra impegnata a denunciare le pagliuzze della destra senza tener conto della sua trave? Non mi pare che il Partito democratico quanto a rigore e compattezza interna, unicità di pensiero e di linea politica sia messa meglio del Pdl. Hanno perfino pensato di affidare a Casini, un democristiano, il ruolo di loro candidato alla presidenza del Consiglio mentre stanno seriamente cercando di archiviare le primarie per paura che si avanzi e comandi Nichi Vendola. Peggio di così! A tal proposito, lei lo conosce Vendola? Perché riscuote tanto successo fra i «sinceri democratici» più radicali?
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Lei parla come un libro stampato, caro Pinotti. Dalla Bolognina (novembre 1989: scioglimento del Pci) in poi, la sinistra ha perso e non più ritrovato la bussola. Almeno, fino a qualche tempo fa se ne incaricava La Repubblica di cercar di tracciare l’ondivago solco. Ma perfino a Largo Fochetti non sanno più che pesci prendere (pesci comunque condannati alla padella: è ben nota la micidiale efficacia del bacio della morte dei repubblicones). Naturale quindi che nel pieno del marasma emerga una figura come Nichino Vendola. Che oggi va molto in certi ambienti democraticamente alternativi, detti anche «di rottura», scelga poi ciascuno cosa rompono. D’altronde, quando si tratta di sposare una causa balenga quei «sinceri democratici» non mancano mai all’appello. Non dimentichi poi, caro Pinotti, che i merli della sinistra ritengono il trombonismo messianico, l’abuso di paroloni e di riferimenti sociologici, di concetti involuti e di pensieri sospesi, segno di grande distinzione intellettuale. Ed è con quel linguaggio che Nichino li incanta, con l’ipnosi della ridondanza verbale, con la somministrazione di enormi quantità d’aria fritta nell’olio del politicamente corretto. Che poi è l’alimento preferito dai merli. In una rubrichetta che gl’invidio e che si chiama «Nichi, ma che stai a di’?», Guido Cerasa sta raccogliendo per Il Foglio il fior fiore della sapienza vendoliana. Sapendo di fare la gioia del lettori, mi piacerebbe trascriverne le cose migliori, ma manca lo spazio. Sappia comunque che fra un «Perché ho l’orecchino? Mi piaceva l’idea di firmare il mio corpo, inserire una micromutazione della mia corporeità» e un «Il paganesimo è la nostalgia di un divino non ossificato nelle metafore del potere» spicca questa sensazionale riflessione: «Il pensiero debole è una resa senza condizioni. È l’idea, appunto, che ci sia una specie di felice punto di fuga dalla realtà e dalla politica, un punto di sospensione della crisi e di ricomposizione verginale nell’utero della coscienza del mondo. Insomma: il pensiero forte governa il mondo con la guerra, oggi addirittura assunta senza delimitazioni spazio-temporali, e il pensiero debole, accovacciato negli interstizi avanguardistici del sociale, cova la sua pace e la sua alternativa al potere.

Ecco come la sconfitta trasmuta in poesia e qualunque tensione al cambiamento s’imbarca sulla zattera del naufragio». Se la gusti, caro Pinotti, se la legga un paio di volte per coglierne appieno la profonda bischeraggine. E quando si sente giù di corda la rilegga ancora: le tornerà il buonumore.
Paolo Granzotto

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