UNA PREGHIERA, NON UNA TARGA

A casa propria, ognuno fa quel che vuole. E, tecnicamente, la sala della presidenza del gruppo di Rifondazione comunista a Palazzo Madama, è casa loro. Quindi, ragionando in termini puramente giuridici, attaccare una targa alla porta dell’ufficio di presidenza del gruppo del Senato è come mettersi alle spalle un calendario. E scrivere sulla porta il nome di Carlo Giuliani è come avere sul muro le straordinarie bellezze di Sara Tommasi. Insomma, dal punto di vista squisitamente tecnico, contestare la scelta del gruppo di Rifondazione comunista in Senato è inutile.
Però. Però, il Senato non è casa nostra. E la targa sul muro è, se non formalmente almeno sostanzialmente, molto diversa dal calendario di Sara Tommasi. Torniamo di nuovo sulla vicenda anche e soprattutto perchè, a Genova, come spesso accade, siamo gli unici a farlo. Nel silenzio assordante di gran parte dei media e di gran parte delle istituzioni, senza soluzione di continuità fra maggioranza e opposizione. Non certo nel silenzio dei nostri lettori.
Le targhe sul muro al Senato della Repubblica, a nostro avviso, si mettono per ricordare padri della Patria, personaggi che hanno dato tanto all’Italia, eroi veri, figure degne di figurare nella galleria antistante l’aula-bomboniera di Palazzo Madama insieme ai marmi di coloro che hanno fatto l’Italia. E, con tutto il rispetto umano che merita comunque un morto, in qualsiasi modo esso sia morto e in qualsiasi modo esso sia vissuto, Carlo Giuliani non ha l’identikit adatto alla situazione. E con tutta la pietas che merita una famiglia che si è vista morire un figlio, qualsiasi scelta abbia fatto dopo quella morte, Carlo Giuliani non merita targhe o cippi. Ma, se si crede, preghiere. E se non si crede, il silenzio.
Non è opportunismo il nostro, nell’opporci alla scelta di Rifondazione, questa sì strumentale. Credeteci, non abbiamo nessuna voglia di riaprire una ferita che ha fatto malissimo alla nostra città. Abbiamo ancora tutti negli occhi le immagini di quello che è successo a Genova. E le immagini della trave, di piazza Alimonda, del defender assaltato, ci sembrano parlare chiaro. E ci fanno male ancor oggi.
Ma se continuiamo a sollevare il caso - noi, da soli - è perchè pensiamo che quella targa vada tolta. E l’unica targa che merita rispetto e preghiere sia quella del cimitero di Staglieno. L’appello dei parlamentari guidati dall’ex ministro Udc Carlo Giovanardi, dei giovani azzurri, dei leghisti, dei sindacati di polizia e di polizia penitenziaria, non può e non deve cadere nel vuoto. E il presidente Napolitano, se pure non ha poteri formali per schiodare la targa dal muro, può però esercitare la sua moral suasion per convincere i vertici di Rifondazione, a partire dallo stesso presidente della Camera Fausto Bertinotti, a tornare sui loro passi.
L’appello, in particolare, è rivolto al presidente dei senatori della falce e martello Giovanni Russo Spena. Da cui moltissimo ci divide sul merito, ma per il quale abbiamo stima personale.

Russo Spena è un signore che non è stato ricandidato dal suo partito qualche legislatura fa perchè non si era piegato alla cultura forcaiola dominante che infuriava ai tempi di Tangentopoli e non aveva abdicato ai principi dell’articolo 68 della Costituzione. Insomma, è uno capace di prendere decisioni impopolari, anche fra i suoi. Quella di levare la targa, sarebbe la benvenuta.

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