Un premio per i teatri. Se hanno debiti

La proposta del Pd e del Prc: 60 milioni in tre anni per gli enti che hanno i bilanci in rosso

Un premio per i teatri. Se hanno debiti

Come funziona in un’azienda privata o in qualsiasi posto gestito con criteri manageriali o anche semplicemente logici? Si premia chi ottiene buoni risultati. Non è che ci voglia un genio, ci arriverebbe anche un bambino. Lo racconta anche il Vangelo, nella parabola del servo buono e fedele e dell’amministratore scellerato. In Senato, invece, funziona all’opposto. Funziona che viene premiato chi ottiene pessimi risultati e viene punito chi ha gestito bene.
Tutto vero, tutto certificato sugli atti ufficiali. In termini tecnici si chiama «proposta di modifica numero 49.0.1 al Ddl numero 1817», tradotto in italiano di tratta di un emendamento che introduce un intero nuovo articolo nella Finanziaria, il 49-bis, dedicato a «disposizioni in materia di fondazioni lirico-sinfoniche». I firmatari sono due, l’ulivista superprodiana Albertina Soliani e il rifondatore Raffaele Tecce, che hanno fatto proseliti in commissione, facendo approvare il loro emendamento, e ora sperano nel bis in aula.
La lettura del testo, fra commi, lettere, riferimenti a postille di decreti legislativi di undici anni fa e linguaggio da iniziati agli atti parlamentari, è improba. Provo comunque a tradurre il traducibile. Il nuovo articolo della Finanziaria prevede che venga costituito un fondo di sessanta milioni di euro presso il ministero dei Beni culturali (venti milioni per ciascuno dei prossimi tre anni) destinati soprattutto a «contribuire alla ricapitalizzazione delle fondazioni lirico-sinfoniche soggette ad amministrazione straordinaria ai sensi dell’articolo 21 del decreto legislativo 29 giugno 1996 numero 367». Poi, vai a vederti l’articolo 21 eccetera eccetera e scopri che si tratta dei teatri commissariati perché perdono per due esercizi consecutivi più del 30 per cento del patrimonio. Il che, tradotto in un linguaggio ancor più scarno, significa che vengono premiate le cicale e punite le formiche. L’ha spiegato bene, sul Giornale dello spettacolo, commentando non l’emendamento, ma la mera ipotesi di un provvedimento simile, Walter Vergnano. Vergnano è il presidente dell’Anfols, l’associazione che riunisce le fondazioni liriche italiane, una specie di sovrintendente dei sovrintendenti, l’autorità in materia: «Non ho difficoltà a dire che, anche se può essere impopolare, sono assolutamente contrario ad emendamenti che azzerino i debiti delle fondazioni. Significherebbe promuovere alcune gestioni che hanno creato dei disavanzi rispetto a chi si è impegnato per mantenere bilanci in condizioni gestibili. Sono contrario ai condoni e a un intervento dello Stato in questo senso».
Più chiaro di così, si muore. Magari in modo melodrammatico, vista la sede, ma si muore. Eppure, al Senato, dovrebbero avere sottomano un super esperto in materia come l’ex sovrintendente del Teatro alla Scala Carlo Fontana, «docente universitario, manager culturale, giornalista» come recitano gli atti di Palazzo Madama, e attuale senatore ulivista, che - dall’inizio della legislatura - ha prodotto un unico disegno di legge come primo firmatario, dedicato proprio alla gestione degli enti lirici. Davvero curioso che un paradosso simile sia sfuggito a un «manager culturale» con un curriculum come quello di Fontana.
E poi. Mica finita. Nell’emendamento ci sono un paio di chicche. Da un lato, si limitano a due i mandati dei membri dei consigli di amministrazione delle fondazioni teatrali, dall’altra si prorogano a due i mandati semestrali per i commissari. Insomma, per i teatri commissariati, c’è un amore tutto particolare.
Soprattutto, par di capire, c’è un amore tutto particolare per il maggiore di questi. Che è il San Carlo di Napoli, il cui commissario è Salvatore Nastasi, già commissario e consigliere di amministrazione del Maggio musicale fiorentino, dove ha fatto benissimo, dicono.

È il più giovane dirigente della Pubblica amministrazione e pare sia particolarmente apprezzato da tutto il ministero dei Beni culturali, ma soprattutto dal «direttore generale per lo spettacolo dal vivo e lo sport». Che si chiama Salvatore Nastasi.

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