Roma - Berlusconi ha fretta di venir fuori dall’impasse in cui si trova il più presto possibile. Ostaggio dei finiani che sperano di cuocerlo a fuoco lento giocando a rimpiattino sul processo breve e aspettando così che siano i giudici di Milano a disarcionarlo, il Cavaliere studia le prossime mosse. E lo fa in un lungo vertice (dalle 13 alle 21) con gli sherpa giuridici del partito- il Guardasigilli Angelino Alfano e Niccolò Ghedini - , Giulio Tremonti, Gianni Letta e Paolo Bonaiuti. Con il titolare degli Esteri Franco Frattini, invece, il premier starebbe concordando una lettera da inviare alla Ue per spiegare le ragioni che spingono il governo a varare il provvedimento sulla giusta durata dei processi.
In merito a quest’ultimo disegno di legge, che lo metterebbe al riparo dagli attacchi della magistratura militante di Milano, i finiani hanno tutta l’aria di fare come col disegno di legge sulle intercettazioni: tergiversare, chiedere modifiche, avanzare dubbi e perplessità col solo fine di vederlo cadere sotto i colpi di una condanna.L’orologio gioca a favore di Fini visto che tirarla in lungo fino a dicembre potrebbe essere pericoloso: qualora la Consulta bocciasse il legittimo impedimento la mannaia giudiziaria potrebbe cadere sulla testa del premier già in primavera. Ecco perché, sebbene entrambi si cuciano la bocca, Ghedini e l’espertadi giustizia dei futuristi Giulia Buongiorno si sono parlati per valutare qualche modifica al provvedimento. Ossia: come renderlo più morbido?
Tradotto: i secessionisti finiani accusano che il testo attuale porta alla prescrizione troppi procedimenti anche se è difficile stabilire un numero preciso. La magistratura parla di una tagliola per il 40% dei processi aperti mentre il Guardasigilli ha sempre minimizzato limitando l’impatto del provvedimento a poco più dell’ 1 % dei processi pendenti. Di fatto nelle ultime ore si sta esaminando come ridurre al minimo l’ «effetto amnistia» magari toccando alcuni punti relativi alla prescrizione. In pratica un’ennesima apertura ai finiani dopo la precedente rassicurazione di Alfano che il governo avrebbe dato più risorse alla macchina giustizia.
Poi, però, resterà un duplice dilemma. Primo: ci si potrà fidare di Fini? Non è che poi a turno Granata, Bocchino e altri solleveranno altre questioni con il solo scopo di tenere carica la pistola del ricatto? E poi quali condizioni potranno pretendere in cambio del superamento dello scoglio giustizia? Secondo dilemma: il Quirinale. Anche se sulla carta dovesse arrivare il «sì» al processo breve da parte dei finiani, questi ultimi potrebbero tirare per la giacchetta il Colle e cavalcarne le eventuali perplessità. Già lo hanno fatto capire dichiarando che, così com’è, il testo potrebbe essere rinviato alle Camere.
I berlusconiani, dal canto loro, cercano di stanarli: «Il nodo è politico dice Osvaldo Napoli- . I finiani ritengono che il premier sia temporaneamente al riparo dai procedimenti giudiziari? Votino il provvedimento che avevano già approvato al Senato. Se vogliono modificarlo abbiano la compiacenza di non etichettare questa richiesta col termine “confronto”». Insomma, gli stessi finiani all’epoca non fecero una piega nell’approvare il provvedimento nella versione che ora contestano; e i pidiellini rammentano che il Quirinale, in quella occasione, tacque. Come da prassi istituzionale, tuttavia.
Per sciogliere i dubbi relativi alle intenzioni di Napolitano, comunque, è tornato in campo il sottosegretario Letta.
Sembra invece sfumare l’idea del premier di un discorso durissimo intv per denunciare l’aggressione giudiziaria in corso dal ’94: un’ipotesi che si presterebbe alle critiche di utilizzare un palcoscenico ben poco istituzionale. Se occorre, meglio farlo in Parlamento: col rischio, tuttavia, che le Camere vengano trasformate in una vera e propria corrida.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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