Qualcuno salvi il soldato Giannini dal generale Renzi

Il conduttore e il premier non si somigliano e non si pigliano per quanto entrambi professino generiche idee di sinistra. Non c'è nulla di più normale e di più fastidioso

Massimo Giannini conduce "Ballarò"
Massimo Giannini conduce "Ballarò"

Le polemiche saranno il sale della politica, ma quando è la politica a promuoverle contro i giornalisti si sente il cattivo odore della censura. I signori del Palazzo non tacciono mai abbastanza. La notizia non ha suscitato scalpore forse perché gli addetti all'informazione ormai sono abituati alle ingerenze dei responsabili della cosa pubblica e hanno imparato a metabolizzarle senza scomporsi. Veniamo al dunque. Matteo Renzi ricorrendo allo stilema ironico ha rimproverato a Massimo Giannini, conduttore di Ballarò dopo la lunga stagione di Floris (passato a La7 di Cairo) la scarsa capacità di avere ascolti degni del suo predecessore. E questo è l'ultimo atto di un bisticcio che dura da tempo tra il premier e l'ex vicedirettore della Repubblica.

I due non si somigliano e non si pigliano per quanto entrambi professino generiche idee di sinistra. I motivi degli attriti sono irrilevanti e non meritano di essere riassunti. Trattasi di questioncelle, le solite che animano i rapporti meno amichevoli fra i mondi contigui della politica e del giornalismo. Il problema che desideriamo affrontare è relativo al metodo usato dal capo del governo nella convinzione che la Rai debba servire il potere o almeno non disturbarlo. Non c'è nulla di più normale e di più fastidioso.

Infatti Renzi, come tutti coloro che hanno occupato il seggiolone più alto dell'esecutivo, dice di battersi affinché la televisione pubblica sia libera, non vincolata a gruppi di pressione e in grado di esprimersi senza condizionamenti di alcun tipo. Ottima intenzione che, però, non si traduce nella pratica. Finché un programma è rispettoso dell'autorità, pronto a genuflettersi a chi comanda, tutto fila liscio; non appena manifesta inclinazioni alla critica, si salvi chi può. Il conduttore deve aspettarsi sgambetti e ritorsioni. Non risulta che Renzi abbia avviato procedure sotterranee allo scopo di silurare Giannini il reprobo, eppure nell'ambiente pettegolo della tv circolano già voci poco rassicuranti sul conto del collega: per questa edizione di Ballarò non sono previsti cambiamenti; per la prossima, la presenza dell'attuale guida della trasmissione non è garantita, anzi...

La vittima designata non è nostro parente e non lo difendiamo nemmeno per dovere d'ufficio. Semplicemente segnaliamo l'ennesima contraddizione.

Da una parte si auspica che i giornalisti dimostrino di avere la schiena diritta e non cedano alla tentazione della piaggeria; dall'altra, allorché uno di essi cerchi di concretizzare l'auspicio, viene indotto a pentirsi di avere esercitato appieno l'autonomia concessagli soltanto sulla carta. Identico costume vige nei quotidiani e nei settimanali: i pennini, dai migliori ai peggiori, reclamano indipendenza e si dichiarano privi di collare e di guinzaglio. In effetti essi non hanno bisogno né dell'uno né dell'altro perché sono i primi ad agire in modo da soddisfare il padrone, evitando così grane. È un comportamento molto umano e pertanto assai diffuso.

Non c'è da scandalizzarsi, c'è solo da prenderne atto e smettere di vantare una verginità che nella nostra categoria è rara, forse inesistente. Conviene essere sinceri e dire la verità: in tv e nei giornali godiamo della massima libertà di attaccare l'asino dove vuole l'editore.

E se anche l'editore non ci fosse, menerebbe il torrone soltanto il direttore: saremmo liberi di attaccare il ciuccio dove lui ordina di attaccarlo.

Non è bello. Non rispecchia le illusioni della maggioranza dei cittadini. Ma non si è mai visto un esercito che non ubbidisca al generale. Benché faccia schifo, la gerarchia è indispensabile.

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