Quando Milano si mise in mostra la prima volta

Nel 1906 Milano fu collegata da un capo all'altro da una ferrovia elettrica sopraelevata che scavalcava case e strade, trasportando sei milioni di passeggeri in sei mesi senza guastarsi mai. Basterebbe questo (soprattutto se si pensa alla frequenza con cui metropolitane e tram oggi vanno in tilt) per capire che cosa fu la prima esposizione universale milanese. Un evento cui la casa editrice Alinari ha dedicato un volume fotografico dal titolo Milano Expo 1906 (pagg. 158, euro 50), a cura di Carlo Secchi e Daniele Pozzi. Una rilettura dell'esposizione a partire dal superamento della celebrazione della macchina, che aveva caratterizzato l'Expo londinese del 1851, in favore di un'applicazione della tecnologia alla vita quotidiana dell'uomo in tutte le sue dimensioni.
In primo luogo ai trasporti (non a caso la manifestazione era nata per festeggiare l'inaugurazione del traforo ferroviario del Sempione), con una rete urbana che raggiunse durante l'Expo i 125.880 metri di lunghezza. Oltre che dei tram elettrici, di cui Milano disponeva dal 1893, i visitatori dei padiglioni potevano servirsi per i loro spostamenti anche di mezzi mai visti in città, come i filobus elettrici e i tram a benzina. Mentre la Mostra aeronautica ospitava i primi aeroplani, sperimentati solo tre anni prima dai fratelli Wright, che di lì a qualche anno avrebbero fatto cadere nel dimenticatoio i palloni aerostatici e i dirigibili. L'Expo del 1906 non fu però solo una vetrina di invenzioni grandiose, ma anche di piccole conquiste entrate nell'uso comune. Basti pensare che nel padiglione del monopolio tabacchi fu allestito il primo distributore automatico di sigarette, grazie a cui milioni di fumatori sono stati salvati da pericolose crisi di astinenza, che distribuiva confezioni da 20 di marca «Expo». Mentre per gli amanti del grande schermo furono costruite tre sale cinematografiche, che seguivano di soli 11 anni l'invenzione dei fratelli Lumière.
«L'Expo del 1906 cambiò la fisionomia urbana - racconta Pozzi - nonostante quasi tutti i padiglioni (tranne l'Acquario civico, che si è conservato) fossero stati realizzati in materiali provvisori come legno, cartapesta e cartongesso. I due assi portanti dell'evento si trovavano infatti nella piazza d'Armi e nel parco Sempione, dove furono poi realizzate le due principali aree espositive milanesi: la Fiera cittadina e la Triennale». Anche se, al di là del segno lasciato sull'urbanistica, l'evento del 1906 incise soprattutto sul destino del capoluogo lombardo. Come osserva Secchi «Milano si rese conto che non aveva più una ragion d'essere come realtà di provincia, piacevole per chi ci viveva ma chiusa in se stessa.

O si decideva a svolgere un ruolo internazionale, o era condannata al declino. Da allora non ha mai smesso di scommettere su tutto ciò che è innovativo, un secolo fa la grande industria e oggi i centri di ricerca, per dimostrare di essere all'altezza del suo compito».

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