Quando a Prodi serve aiuto ci pensano gli amici del Colle

da Milano

La commissione Finanze del Senato ha chiesto alla Corte dei conti di valutare se dietro una decisione del viceministro dell’Economia Vincenzo Visco e del direttore generale dell’Agenzia delle entrate, Massimo Romano, nominato proprio da Visco, ci sia un possibile «danno erariale». Lo scorso 13 luglio Giorgio Benvenuto, presidente dell’organismo parlamentare ed ex leader della Uil, ha scritto al presidente della Corte dei conti Tullio Lazzaro in merito alla decisione di Romano, avallata anche dal viceministro ds, di avviare un nuovo concorso per il reclutamento di 500 funzionari del Fisco, nonostante l’esistenza di una graduatoria valida fino al 2008.
La vicenda. Nel 2005 il governo Berlusconi bandisce un concorso su base regionale per 1.500 posti di funzionari tributari dell’Agenzia delle entrate. Chi sfiora l’assunzione per qualche millesimo di punto, insieme ai circa 2mila idonei, spera nel «ripescaggio», visto che la copertura finanziaria decisa nella passata legislatura prevede altre 500 assunzioni nel 2007. E invece Romano, per quei 500 posti disponibili «a costo zero» indice un nuovo concorso lo scorso aprile.
Il no della Commissione. Davanti a Benvenuto il numero uno dell’Agenzia conferma il suo orientamento. Visco spalleggia il direttore generale e rincara la dose. Nel corso dell’audizione in commissione del 15 maggio, Visco spiega che «bisognerebbe fare un concorso ogni anno per scegliere i migliori sul mercato». Ma la Commissione «snobba» il parere di Visco e Romano e chiede ufficialmente al governo di «ricorrere alle graduatorie dei concorsi già espletati» per potenziare l’organico delle Agenzie fiscali. Niente da fare.
L’audizione. Tutta la commissione si mobilita per trovare una soluzione e decide di sottoporre la questione ad alcuni magistrati contabili ma, come scrive lo stesso Benvenuto nella lettera a Lazzaro, «la ristrettezza dei tempi nell’audizione in commissione non ha consentito di poter acquisire tutti gli elementi informativi richiesti». Lo scorso 17 giugno Benvenuto è ancora più chiaro: «Con un semplice scorrimento delle graduatorie si possono risparmiare soldi pubblici». Altrimenti qualcuno dovrà «indicare il costo, sia politico che economico, della mancata azione di contrasto all’evasione fiscale». La stessa Agenzia delle entrate ha calcolato che il concorso costerà almeno 775mila euro e che un anno sarà «sprecato» per addestrare i novelli 007 del Fisco.
Il caso Equitalia. Nel frattempo scoppia un’altra grana. La società Equitalia, che ha riportato sotto il controllo pubblico il servizio di riscossione dei tributi, decide 203 assunzioni senza concorso. La conferma arriva dallo stesso amministratore delegato, Attilio Befera, che si difende così: «Equitalia è una spa, e dunque come società privata ha il diritto di assumere chi vuole». Peccato che nel frattempo uno degli assunti venga poi trasferito (guarda caso) all’Agenzia delle entrate. Il senatore Salvatore Bonadonna di Rifondazione denuncia: «Criteri clientelari».
Doccia fredda dal Tar. L’ultima tegola su Visco e Romano è arrivata lo scorso 4 luglio, quanto il Tar del Lazio ha accolto parzialmente il ricorso degli idonei, che nel frattempo si sono riuniti in un Comitato (http://comitatoidoneiae.blogspot.com), contro il nuovo concorso, e ha rinviato qualsiasi decisione al prossimo 10 ottobre. Una doccia fredda che ha costretto il presidente Benvenuto a chiedere «una valutazione - si legge nella missiva - alla Corte dei conti». «Il mio obiettivo - dice Benvenuto al Giornale - è soltanto quello di assicurare ai ragazzi un po’ di giustizia».

Se anche la Corte dei conti dovesse rilevare gli estremi per un possibile «danno erariale» nella decisione di bandire il concorso, per Romano e Visco sarebbe una bocciatura senza precedenti. Intanto gli idonei annunciano: «Se non avremo giustizia restituiremo le tessere elettorali al capo dello Stato».
felice.manti@ilgiornale.it

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