Lultimo libro di Fabio Volo rivela sorprendenti analogie con la Recherche di Proust: in entrambi in casi un sonnecchiante protagonista lascia fermentare desideri, ricordi, persino allucinazioni uditive, per esempio il rumore delle onde che si infrangono sulla battigia. Solo che nel Giorno in più luomo si accorge di aver sognato, e ne è sconvolto. «Ma a Parigi non cè il mare!» urla disperato. È vero, a Parigi non cè il mare. E forse è meglio così, perché se ci fosse, asseriscono alcuni autorevoli geografi olandesi, sarebbe una piccola Bari.
È doloroso ammetterlo, ma Parigi non è Bari e Fabio Volo non è Proust, anche se potrebbe aspirare ad essere il nuovo Flaubert. Flaubert, il quale temeva che i lettori di Bouvard et Pécuchet avrebbero taciuto per sempre, nel timore di proferire una delle frasi contenute nel celebre sciocchezzaio. Fabio Volo è andato oltre: dopo aver collezionato una quantità di luoghi comuni ne ha mostrato la fecondità. Non si è limitato a ipotizzare che i politici di destra dicano le stesse cose di quelli di sinistra, o che nel prevedere i temporali le ginocchia della nonna siano più affidabili del barometro: ha trasformato tali ovvietà nel primo gradino di un climax.
«Negli anni, soprattutto con le donne, ti sei costruito un muro». Daccordo, e poi? «Il problema è che poi sei diventato tu stesso il muro». Credete di averne abbastanza? Volo imperterrito continua: «...un muro che si può percorrere, ma non oltrepassare».
Coraggio, percorriamo questo muro fino a bearci del preziosismo delle analogie voliane: «Silvia per me è come la corda di un funambolo: quando sono felice ci danzo sopra con un ombrellino colorato, e quando sono triste mi ci aggrappo». Qui lautore ha proprio perso la bussola, ma bisogna riconoscere che gli giova. Macché Flaubert, macché Proust: sembra quasi il grande Petrolini.
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