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Quella collisione nella nebbia: la colpa fu del cargo svedese

Il 25 luglio 1956 la nave italiana fu speronata dallo Stockholm: 46 passeggeri persero la vita

da Roma

Riemerge dal mare di silenzio nelle cui profondità era stato inabissato per 50 anni il segreto dell'affondamento dell'Andrea Doria. L'ammiraglia della flotta italiana fu speronata il 25 luglio 1956 dalla svedese Stockholm e colò a picco dopo undici ore di agonia. L'equipaggio riuscì a mettere in salvo tutti i passeggeri ad esclusione delle 46 vittime dell'impatto.
Oggi, dopo un processo interrotto nelle fasi preliminari per convenienza delle parti, la verità sulla tragedia sembra trovare il suo posto nella storia. Colpevoli della collisione sarebbero gli svedesi. A causare l'impatto l'imperizia dell'unico ufficiale presente sulla plancia della Stockholm al momento dell'urto. La sentenza è scritta nel libro «Assolvete l'Andrea Doria» (Longanesi), di cui è autore Fabio Pozzo, il quale rivela le conclusioni dell'unica inchiesta giunta ad un verdetto e compiuta da un'autorità costituita.
Pozzo riporta alla luce l'indagine della commissione speciale nominata dal ministero italiano della Marina mercantile, chiusa nel 1957 e da allora rimasta segreta. Secondo gli esperti del ministero, l'ufficiale svedese Johan Ernst Cartstens-Johannsen, non tenendo conto delle misure richieste per la nebbia che gravava su quel tratto di oceano, navigando su una rotta non consigliata, ha sbagliato manovra a causa di un errore di taratura del radar, ordinando un'accostata fatale che è andata a tagliare la rotta dell'ammiraglia italiana e ha provocato il disastro. L'affondamento dell'Andrea Doria è uno dei casi più discussi della storia della navigazione. La grande operazione di soccorso, compiuta dall'equipaggio, è sempre passata in secondo piano, rispetto alle innumerevoli battaglie legali, senza mai essere riconosciuta al personale italiano. Le compagnie delle due navi, «L'Italia di navigazione» e la «Svenska amerika linien», hanno avviato un contenzioso a New York, davanti ad una corte federale, sostenendo due opposte versioni dell'accaduto.
Il procedimento però si è fermato nelle fasi preliminari, stoppato da un accordo extra-giudiziale con il quale gli armatori si sono divisi l'onere del risarcimento ai passeggeri e agli spedizionieri, 65 milioni di dollari la richiesta, 5 milioni l'esborso. «Questo tipo di conclusione - spiega Pozzo - conveniva alle parti, assicuratori e riassicuratori, che non avevano convenienza ad affrontare un processo lungo, costoso e rischioso». Nessun verdetto. Nulla che potesse dissipare ombre e sospetti.
Abili gli svedesi a gestire a loro favore questa lacuna, con una campagna di marketing che ha fatto leva, anche, sul mito del marinaio nordico, contrapposto allo stereotipo dell'italiano facilone e pressapochista. Campagna alla quale l'Italia ha opposto il silenzio.
Di lì a poco sarebbe entrata in linea una nuova nave, la Leonardo da Vinci. I cantieri Ansaldo avevano in costruzione la futura ammiraglia della compagnia svedese, l'erede della Stockholm: meglio dimenticare il naufragio e pensare agli affari.

Ora, finalmente, il vedetto: l’Andrea Doria (e il suo comandante Calamai) innocenti, il cargo svedese colpevole.

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