Enrico Groppali
da Milano
Ci sono tanti modi di rappresentare Brecht allalba del ventunesimo secolo, ma il metodo scelto dal canadese Robert Carsen appare discutibile. Dato che il regista, noto per le sue messinscene dopera, guarda allattualità dei conflitti che sconvolgono il nostro travagliato pianeta. Ricorrendo a unampia dotazione di tute mimetiche, camion militari, kepì vagamente made in Usa, Carsen strizza locchio allIrak e alla massiccia presenza dei sudditi di Bush. Ma senza spostare di un millimetro laccento sulla tremenda guerra dei trentanni che devastò lEuropa nel corso del diciassettesimo secolo. E che ispirò, ben prima dellavvento di Brecht sugli spalti del teatro didattico del Novecento, un narratore della tempra di Grimmelshausen che scrisse una cronaca immaginaria quanto appassionata e veemente. Dove la stessa eroina, allora priva di figli a carico, finiva sul rogo dopo averne combinate di cotte e di crude in ottemperanza alla lunga didascalia posta dallautore a titolo della sua fatica: «Biografia dellarcitruffatrice e rivoluzionaria Courasche».
Ora questo spostamento sintattico produce, nello spettacolo, una confusione tuttaltro che salutare. Dato che, in primis, lautore scrivendo il suo testo e trasportandolo di peso nel magma vivo e cruento del dramma storico già alludeva, sotto la vernice del quadro depoca, alla malattia endemica della guerra. Connaturata alluomo al punto che persino chi dovrebbe deplorarne lincremento, finisce per diventarne fiancheggiatore, nonostante la morte divori i suoi figli tramutandolo in un robot che non può più scendere dal palco sanguinoso degli eventi. Ma questo non interessa a Carsen che tenta di tramutare Madre Coraggio in una sontuosa coreografia del teatro di guerra sulla scorta delle splendide inquadrature cui ci ha abituato il cinema di Kubrick e di Coppola.
In una serie di omaggi e rimandi che vanno da Full Metal Jacket ad Apocalypse Now fino alla citazione di un mirabile quadro di un suo famoso allestimento (i Dialoghi delle carmelitane alla Scala) il regista si affida al volto traslucido delle immagini. A tratti bellissime e raccapriccianti quando, al posto delle monache ridotte a stinte macchie di colore sullimpiantito del carcere come accadeva nellopera di Poulenc, mette in scena lalienazione dei soldati. I quali, nel corso di ciò che sembra un tristissimo amplesso, finiscono non per fare allamore ma per straziarsi fino alla morte. Ma tutto questo giova, purtroppo, solo ai fini di unillustrazione magniloquente quanto asfittica nel momento in cui da un regista che si rispetti ci si attende, a una simile prova, una robusta direzione degli attori. Che qui, sfortunatamente, risultano abbandonati a se stessi. Accade così che mentre Sergio Leone (lunico che dimostra di saper recitare Brecht) e, in via subordinata, Carlo Valli e Milvia Marigliano riescono ad emergere per virtù propria, unattrice di grande sensibilità e di fortissimo carisma come Maddalena Crippa, da cui ci si attendeva un grande exploit, risulta sacrificata da unimpostazione di maniera che fa della Coraggio una sorta di Milite Ignoto.
MADRE CORAGGIO E I SUOI FIGLI di Brecht Piccolo Teatro di Milano. Regia di Robert Carsen, con Maddalena Crippa. Al Teatro Strehler, fino al 28 febbraio
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.