Prodi in Cina si affretta a porgere - questa volta ufficialmente - le scuse del governo italiano perché in campagna elettorale Berlusconi parlò di cannibalismo nella Cina di Mao. Già da candidato dellopposizione Prodi aveva chiesto scusa alla Cina, e anche qualche pavido alleato aveva parlato di esagerazioni. Per la verità, la stessa difesa di Berlusconi su qualche giornale era stata incompleta: si riferiva ai casi di cannibalismo nellepoca del Grande Balzo in Avanti, dovuti alla fame, non allideologia, anche se la fame era stata provocata dalle dissennate riforme di Mao. Ora, nel momento in cui Prodi si scusa, si scopre che durante la rivoluzione culturale il cannibalismo in Cina era in effetti insieme ideologico e diffuso. Quarantanni fa, nellagosto 1966, cominciava la rivoluzione culturale, cioè la distruzione sistematica della cultura cinese. Tre milioni di intellettuali furono uccisi e cento milioni di cinesi incarcerati o deportati. Bastava avere in casa un libro non marxista per rischiare la deportazione o peggio. Quasi tutti i grandi quotidiani italiani, in modo per una volta bipartisan, hanno rievocato quella stagione degli orrori. Il crimine di leso Mao Tse-tung è stato denunciato solo dallonorevole Diliberto, il quale - prendendosi una pausa dai suoi impegni di propagandista degli hezbollah - ha invitato a riconoscere anche quanto di buono fu fatto dai maoisti in Cina. Eppure nessuno ha ancora aperto il capitolo più orribile, quello del cannibalismo.
A Prodi vorremmo consigliare la lettura di un capitolo della mirabile biografia Mao la storia sconosciuta della grande scrittrice cinese Jung Chang, che rimanda a unopera, purtroppo non tradotta in italiano, del dissidente cinese Zheng Yi, Memoriale scarlatto, pubblicata in inglese negli Stati Uniti dallautorevole Westview Press. Dopo la morte di Mao, senza troppa pubblicità, alcune commissioni dinchiesta indagarono sulle atrocità della rivoluzione culturale. Una indagò nel 1983 nella regione del Guangxi, e fece celebrare persino alcuni processi. I documenti, che non emanano da Berlusconi ma da autorità della stessa Cina comunista, esistono ancora, e parlano di almeno diecimila «cannibalizzati» in quella sola regione. Come riassume Jung Chang, «nelle adunate di denuncia, il pezzo forte del regime maoista, veniva praticato il cannibalismo. Le vittime venivano macellate e alcune parti scelte dei loro corpi, il cuore, il fegato e talvolta il pene, asportate, spesso prima che i poveretti fossero morti, cucinate sul posto e mangiate in quelli che all'epoca erano chiamati banchetti di carne umana».
L'unicità - anche rispetto ai casi della Russia staliniana descritti nel recente volume L'isola dei cannibali dello storico Nicolas Werth - degli episodi documentati da Zheng Yi e Yung Chang sta nel fatto che nella Cina della rivoluzione culturale nessuno moriva più di fame come negli anni 1950.
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