La notizia è già sulle aperture dei principali siti di informazione internazionale, rimbalzata chissà come: Hossein Mousavi, leader «riformista» che ha guidato le proteste in Iran a favore del riconteggio dei voti dopo l'elezione del 12 giugno, potrebbe comparire in pubblico per la prima volta in settimane, alla preghiera del venerdì a Teheran. A guidarla, ci sarà l'ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani, che ha inizialmente contestato i brogli elettorali per poi chiudersi in un prolungato silenzio. Le proteste potrebbero dunque riprendere forza. Ma in Iran non ci sono più i giornalisti stranieri a raccontarle e per i cronisti locali il pericolo d'essere arrestati è molto alto. Nelle scorse settimane di violenza, in molti, nel Paese, per ottenere informazioni su quello che stava succedendo a due isolati da casa, si sono affidati a mass media stranieri, ma soprattutto alle numerose radio delle diaspora, con sede all'estero, che trasmettono in farsi.
Hanno fatto notizia l'espulsione dall'Iran del corrispondente della Bbc a Teheran e il blocco delle trasmissioni del canale in farsi della radio inglese nel Paese. Ma la celebre emittente britannica non è l'unica radio a proporre programmi in farsi cui gli iraniani si sintonizzano soprattutto in seguito alle proteste. Il regime ha bloccato anche le emissioni in farsi di Radio Farda e Voice of America, media finanziati dagli Stati Uniti, di Deutsche Welle e di Radio France Internationale. Gli iraniani ascoltano anche Radio Kirn, con sede a Los Angeles, città in cui è presente una delle più grandi comunità di iraniani all'estero; Radio Zamaneh, emittente olandese e Radio Gerusalemme, canale gestito da Menashe Amir, ebreo iraniano emigrato da decenni in Israele.
Radio Zamaneh è un canale di giovani. Dalla sua redazione, uno dei manager per la comunicazione, che preferisce rimanere anonimo, racconta al Giornale la nascita della radio, soltanto tre anni fa. «Il nostro obiettivo è quello di fornire ai giovani iraniani un'informazione affidabile su qualsiasi argomento: musica, cultura, politica. Raccontiamo la musica e la cultura underground iraniane, siamo gli unici a farlo. Parliamo anche di diritti umani, delle donne». A Radio Zamaneh, già prima che iniziassero le proteste, utilizzavano informazioni in arrivo dal «cittadino giornalista»: «È per questo che il nostro network è così vasto - dice il manager - perché gli ascoltatori dall'Iran contribuiscono». Come tutte le emittenti all'estero, Radio Zamaneh usa il satellite e Internet per le sue trasmissioni. Non sanno dire quanti sono gli ascoltatori in Iran. Molti, a giudicare dal recente richiamo da parte di un diplomatico di Teheran al governo olandese, finanziatore dell'emittente. Su Internet soltanto, nei giorni delle proteste, gli utenti erano 40mila: la radio riceveva dai manifestanti e-mail, messaggi, telefonate. Uno dei suoi cronisti in Iran è stato arrestato e rilasciato dopo tre giorni.
Nelle stesse ore, anche Menashe Amir, nel suo studio in una vecchia casa di Gerusalemme, stava ricevendo decine e decine di telefonate. Radio Gerusalemme è ormai famosa: nonostante l'Iran non riconosca l'esistenza d'Israele, impedisca ogni contatto tra i suoi cittadini e gli israeliani, e il suo presidente, Mahmoud Ahmadinejad, abbia più volte auspicato la cancellazione del Paese dalle cartine geografiche, sono centinaia gli ascoltatori dei programmi di Amir.
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