Un radioascoltatore critica il Prof e lui replica in diretta: «È matto»

Gian Maria De Francesco

da Roma

«Matto», «schizofrenia», «follia». Non sono parole a caso tratte da un trattato di Cesare Lombroso, ma un florilegio del lessico utilizzato ieri da Romano Prodi nel suo intervento a Radio anch’io. Sempre più orientato verso temi riguardanti la neuropsichiatria, il Professore ha attraversato una «crisi di nervi» almodovariana. L’impasse dell’Unione sulla tassazione delle rendite finanziarie e sull’armonizzazione dei contributi dei lavoratori ha toccato i nervi scoperti del candidato premier, sempre meno sicuro della vittoria tanto da lasciarsi andare a esternazioni un po’ grossier.
A provocare l’eruzione prodiana la e-mail di un ascoltatore, Manfredo da Milano, che ha chiesto al Professore, in caso di vittoria un «impegno formale sulla Tav nei primi cento giorni di governo» perché «dopo la prima Finanziaria non ci potrebbe più essere un governo Prodi». Il Professore si è schiarito la voce arrochita e ha detto: «Boh, questo è matto. Apprezzo molto l’incitamento e la franchezza, ma abbiamo firmato un patto di legislatura serio di 281 pagine, io l’ho voluto». Stacco pubblicitario di due minuti. Al rientro in studio dopo un’altra domanda di un’ascoltatrice, un Prodi imbarazzato (e probabilmente sollecitato dai suoi spin doctor) ha chiesto perdono. «Volevo un attimo scusarmi - ha replicato sommessamente - per l’espressione forse un po’ troppo colorita che ho usato prima, era la concitazione. Ma andiamo alla sostanza, abbiamo dimostrato che nonostante il cambiamento della legge elettorale abbiamo ricostruito la coalizione».
Ma dare del matto a Manfredo non è stato l’unico sconfinamento nel neurokitsch. Interpellato sulle grandi opere del governo Berlusconi, Prodi nel suo ampio vocabolario personale non ha trovato nulla di meglio che «siamo a un livello di schizofrenia e menzogna totale». E poi ha aggiunto: «Quelle del governo sono grandi solo per l’annuncio. Solo il 20% di quelle annunciate è stato finanziato». Insomma, la proverbiale paciosità emiliana del Professore sembra essersi dissolta in una sequela di improperi tesi a mettere in dubbio la sanità mentale degli avversari politici.
Sempre ieri, sempre Radio anch’io. Il tema è quello della flessibilità. «Il gioco perverso dei contratti a tempo determinato più favorevoli di quelli a tempo indeterminato è accaduto anche nella pubblica amministrazione, il che è una follia totale», ha sottolineato il leader del centrosinistra stigmatizzando le scelte dell’attuale esecutivo. «Non deve più accadere che sia più vantaggioso un contratto a tempo determinato», ha tuonato. È stato un Prodi provato dalla lunga campagna elettorale quello che si è offerto agli ascoltatori. Incalzato da due interventi che sottolineavano come non sia constatabile il declino dell’Italia viste le code sulle autostrade nei weekend e il pullulare di telefonini, ha tristemente ripetuto la solfa del «Paese a crescita zero e con 7 milioni di poveri».
Poi ha cercato di recuperare terreno. «Tutti hanno capito che i toni non li ho certamente alzati io. Io voglio unire, unire, unire», ha concluso. Ma è bastata qualche ora per scadere nuovamente nel trash. «Il mondo si divide in capaci e incapaci, in fessi e intelligenti, non in giovani e vecchi», ha detto ai giornalisti stranieri che gli ricordavano l’approssimarsi della settantina.

La sortita radiofonica di ieri non è una novità assoluta. «All’ultima intervista aveva addirittura la bava alla bocca...», aveva detto sabato scorso rivolgendosi al presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini. Un pit stop, forse, non guasterebbe.

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