Ho letto in questi giorni su alcuni giornali del Veneto le dichiarazioni rilasciate dallo scrittore vicentino Mario Rigoni Stern. Partecipando a un congresso della Cgil, ha dispensato dichiarazioni ricche di saggezza e moralità, ma ha anche offeso la memoria di numerosi italiani morti nelle missioni allestero delle nostre Forze Armate, definendoli «mercenari» in quanto pagati e pertanto non meritevoli di essere ricordati come eroi. Leggendo allibito queste parole mi chiedo cosa spinge un vecchio saggio che ha combattuto gloriosamente per lItalia a gettare fango su dei giovani che credono che servire la Patria in armi sia ancora onorevole e meritorio come quando lo fece lui, anche se il contesto storico è differente e lantagonista è ben altro.
Quale imperativo morale impone di distinguere chi ha combattuto nella Guerra di liberazione, definendolo aprioristicamente eroe, anche se si è magari macchiato di gravi delitti, da chi opera in armi al servizio della Patria nella ricostruzione dei Paesi martoriati da guerre civili, oppressi da tirannie? Morire mentre si compie il proprio dovere al servizio dello Stato può privare alcuno degli onori meritati solo perché si percepisce uno stipendio? Mi chiedo dunque se una persona colta come Rigoni Stern conosca il reale significato delle parole mercenario ed eroe.Ottavio Garramone già alpino della Brigata Taurinense e-mail
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