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Rinviato di 25 giorni l’ultimatum per Cicala

«Allo scadere dell’ultimatum non li uccideranno. abbiamo ricevuto delle garanzie, lo sappiamo per certo». Così si esprimeva ieri mattina un negoziatore del Mali sulla sorte di Sergio Cicala e della moglie Philomène Kabouré, nelle mani di estremisti islamici di Al Qaida dallo scorso 17 dicembre. La situazione degli ostaggi «è preoccupante», aggiungeva il negoziatore, «perché i sequestratori rischiano di non avere ciò che chiedono», ma non è loro intenzione togliere la vita ai prigionieri allo scadere del tempo concesso per la liberazione di alcuni terroristi detenuti.
Secondo l’uomo sarebbe insomma venuto a cadere il timore per la vita dei due ostaggi, visto che la scadenza dell’ultimatum imposto lo scorso 6 febbraio - non precisata con chiarezza - poteva essere già per la notte scorsa. Poco dopo però, su alcuni forum della rete internet utilizzati dai fondamentalisti islamici, arrivava la conferma che la fonte maliana aveva detto il vero: un post intitolato «Al Qaida: rinviato di 25 giorni l’ultimatum per la morte di Sergio Cicala e della moglie». Su almeno tre di questi forum dedicati alla discussione, veniva inoltre pubblicato un messaggio di interpretazione in questo senso del comunicato diffuso il giorno prima da Al Qaida nel Maghreb islamico («Aqmi») e relativo alla coppia italiana rapita in Mauritania.
È ragionevole ritenere che i sequestratori abbiano deciso la proroga di 25 giorni per valutare le reazioni del governo italiano al messaggio audio, corredato da una drammatica foto dell’ostaggio circondato dai suoi rapitori in armi, che essi stessi hanno provveduto a diffondere sul web. Una risposta da Roma è stata infatti più volte sollecitata nel comunicato, scritto in arabo, che accompagnava la registrazione. Per rendere più drammatico il contesto e aumentare la pressione sul premier Silvio Berlusconi al quale si è rivolto personalmente Sergio Cicala per chiedere aiuto, diversi «utenti» dei siti jihadisti hanno esortato Al Qaida a «procedere alla decapitazione dell’ostaggio perché il governo italiano non ha esaudito le nostre richieste».
Sembrano frattanto arenati i negoziati per il rilascio dei tre cooperanti spagnoli rapiti dall’Aqmi in Mauritania lo scorso 29 novembre. I tre sarebbero, sempre secondo una fonte maliana, in buone condizioni di salute, ma il negoziato che dovrebbe condurre alla loro liberazione sarebbe arrivato a un punto morto. Non è ben chiaro cosa stia ostacolando l’intesa tra gli integralisti islamici e il governo di Madrid: «È come quando si costruisce una casa - ha commentato sibillinamente il negoziatore di Bamako -. Senza materiale, la costruzione non può andare avanti. Così, gli ostaggi potrebbero essere liberati domani o fra venti giorni». Tutto ciò che si sa al momento è che i tre volontari dell’organizzazione non governativa catalana «Acciò Solidaria» sono stati trasferiti dai loro carcerieri nella desertica regione settentrionale del Mali. Inoltre, la stampa spagnola sostiene che il governo di Madrid avrebbe ceduto al ricatto di Al Qaida, accettando di versare all’organizzazione terroristica, che nel 2004 ha compiuto in Spagna degli spaventosi attentati che hanno provocato centinaia di vittime, un riscatto di 5 milioni di dollari.


Un ultimo dettaglio a proposito del sequestro Cicala: sempre secondo fonti di Bamako, le richieste per la liberazione non si limiterebbero più al rilascio dei quattro detenuti in Mali di cui già si era a conoscenza, ma si estenderebbero ora a quella di altri membri di «Aqmi» che sono detenuti nelle carceri mauritane.

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