«Risposta decisiva per le famiglie»

La repressione serve, ma accanto alla prevenzione

«Risposta decisiva per le famiglie»

MilanoDon Virginio Colmegna alle parole preferisce i fatti, a Milano lo sanno tutti. Anche perché i fatti lo impegnano troppo per occuparsi del resto. Ha appena festeggiato un quarantennio di sacerdozio. Una missione «di strada»: per 13 anni ha diretto la Caritas ambrosiana, per tutta la sua vita si è occupato di poveri, immigrati, detenuti. Degli ultimi. Con il cardinale Martini ha dato vita alla Casa della carità. Negli ultimi giorni si è detto molto preoccupato per la sorte delle badanti straniere, e per centinaia di migliaia di famiglie che ne hanno bisogno.
Don Colmegna, il governo ha annunciato una regolarizzazione. È una scelta positiva?
«Vediamo come si concretizza, e ripeto che potevano pensarci anche prima e che si può pensare anche ad altri settori, ma se si supera l’economia sommersa è un fatto positivo, anche per la regolarità delle famiglie».
Che possono tirare un sospiro di sollievo...
«Ho sentito che si parla di un congelamento del reato, certamente è positivo. Bisogna trovare le risposte giuste, e questo è un punto di incontro importante».
Il volontariato cattolico aveva chiesto un provvedimento del genere. Ha trovato ascolto dal governo?
«Aumentando la regolarità si supera il sommerso. Questo non vuol dire approvare tutta la filosofia del pacchetto sicurezza, però si fa crescere una condizione sana».
A Milano per esempio si sta sperimentando un corso di formazione. È la direzione giusta?
«Tutto ciò che dà titolo, che dà qualità a questo welfare domestico che sta diventando strutturale è importante. Più si interviene in questo modo e meglio è».
Anche perché sono talmente tante le persone che lavorano in questo settore che, come ha detto lei, sono in grado di fermare una città se scendono in piazza...
«Sono tante e tante. Anche perché nelle nostre città aumentano le famiglie che hanno al loro interno persone non autosufficienti. E la domanda di tenerle a casa è positiva, va nel senso di una prossimità».
Cosa intende?
«Se le coppie devono lavorare e tengono nella loro intimità domestica una persona straniera che si occupa dei loro cari, questo abbassa il sentimento di rifiuto, e cresce al contrario quello di una solidarietà intelligente».
Suggerisce di occuparsi di queste questioni con questo pragmatismo? Come per gli interventi sui campi rom nelle città?
«Se si parla di inserimento, di formazione lavorativa, io certo sono a favore, ma dico solo traduciamo in pratica queste cose. Non mi interessa il “Maroni sì, Maroni no”, o un “destra e sinistra” senza soluzioni».
Non ci sono certezze ideologiche?
«Chi sta in mezzo ai problemi chiede concretezza. Io non sono sempre sicuro di quel che faccio, ma so una cosa: che voglio far crescere questo sentimento di prossimità. Penso all’enciclica del Papa, a verità e carità, e credo che la giustizia abbia anche al suo interno la legalità, ma vada oltre».
Ma l’esigenza di legalità e sicurezza sono giuste?
«Certo, chi vive la carità sta dalla parte delle vittime.

Chi subisce una rapina deve avere vicino la carità. Ma chi sta dalla parte della vittima non deve far crescere sentimenti di inimicizia. La repressione serve, ma accanto alla prevenzione. Questa non può mancare in una società complessa come la nostra».

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