Da qualche anno hanno preso sempre più piede la musica e i musicisti del Mali, Paese nel cuore dell'Africa carico di storia, tradizioni e influenze. Una terra poverissima, eppure straordinariamente ricca dal punto di vista musicale: basti ricordare il lavoro di eccellenti artisti - noti anche alle nostre latitudini, e non solo da chi frequenta e ascolta la cosiddetta musica etnica - come l'albino Salif Keita, il compianto gran maestro del blues subshariano Ali Farka Tourè e Oumou Sangare. Alla pregevole compagnia si è aggiunta negli ultimi anni Rokia Traoré, quotata cantautrice dall'approccio blues, attesa ospite questa sera sul palco principale del festival di Villa Arconati (ore 21.30), nella splendida residenza di Catellazzo di Bollate. Una carriera in lenta ma costante ascesa quella della giovane diva della canzone d'autore made in Mali, figlia di diplomatici, che ritorna dalle nostre parti per presentare un repertorio arricchito dalle canzoni incluse nell'accattivante «Tchamantchè» (traducendo: equilibrio), album premiato all'inizio dell'anno con i Victoire de la Musique (l'equivalente dei Grammy Awars in Francia), in cui sonorità più «occidentali» del solito non fanno certo venire meno i legami con le tradizioni del luogo di origine. Superfluo sottolineare come nella sua musica sia infatti forte, al limite dell'imprescindibile, il legale come le radici: «Per ognuno di noi è fondamentale rivendicare tutto ciò che ha costituito la nostra identità personale, quindi anche il Paese da cui si proviene e le influenze di altre culture - argomenta -. Per questo ho deciso di utilizzare gli strumenti del Mali accanto a quelli classici del pop-rock, perché fanno parte della mia cultura, del mio essere, della mia formazione». Nei suoi testi passa la vita di tutti i giorni, quella che la Traoré (in un Paese dove la musica è affare da uomini, lei, musicista donna, è un'assoluta rarità!), osserva in presa diretta e vive in prima persona: «Canto tutto quello che mi tocca e può arrivare agli altri: l'amore, la terribile povertà dei nostri bambini, le relazioni umane, l'emigrazione che ci porta via i migliori. Vorrei convincerli che restare si può, così viaggerà o si trasferirà all'estero solo chi ne sentirà l'esigenza, non il bisogno». Problemi veri, realtà sensibile, cronache quotidiane. Stasera, sul palco di Villa Arconati (per la Traoré si tratta di un gradito ritorno), ad accompagnare la griot originaria dell'Alto Niger ci sarà un gruppo che suona sia strumenti tradizionali della sua terra, come il balafon, lo ngoni e la kora, sia moderni. Lo scopo - su disco come dal vivo - è quello perseguito fin da quando ha cominciato a mettere fuori il naso dai confini patrii, facendo proseliti con un singolare melodiare di chitarra e voce: ottenere un suono altamente evocativo in cui l'Africa, l'Occidente (tra le sue passioni vanno annoverati il rock, il blues e il jazz) e la sua voce (voce unica, intima e diafana, usata spesso su toni bassi, in controtendenza rispetto agli stilemi vocali del Mali) diventino un tutt'uno in modo da riprodurre qualcosa che la diretta interessata definisce «una dimensione naturale della musica».
Un'aspirazione che condivide con molti colleghi del continente nero, di cui si fa ambasciatrice universale: «Che cosa manca alla musica africana per farla definitivamente emergere, conoscere, diffondere e affermare a livello internazionale? Le risorse economiche, il danaro, che permette di produrre, rappresentare e far conoscere la nostra musica, che non è una musica facile, né di massa come la world music».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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