Ryanair, la regina low cost lascia a terra perfino Alitalia

Informate l’Alitalia: quelli di Ryanair hanno messo la freccia. Ventitré milioni e mezzo, per la precisione ventitré milioni e trecentomila passeggeri, hanno usufruito, nell’anno duemila e dieci, delle offerte proposte dalla compagnia irlandese, centomila viaggiatori in meno di quella tricolore che gode di questo vantaggio per le rotte intercontinentali, altrimenti il sorpasso sarebbe già avvenuto.
E avverrà, stando alle previsioni di Michael O’Leary, capo, amministratore, portavoce, bandiera, insomma Ryanair in persona. Si vola lo stesso e si spende meno. La puntualità al decollo e all’arrivo sfiora il 93 per cento per i 773 irlandesi, percentuale che si abbassa all’80% per gli aerei di casa nostra; meglio sarebbe non dire della consegna bagagli, con relativo smarrimento, siamo a 10 contro 1, indovinate un po’ voi chi è in netto vantaggio di efficienza di servizio. I dati sono stati illustrati, perfidamente, in conferenza stampa, con l’annuncio di 7 nuovi voli su Roma, Ciampino permettendo e Viterbo sognando, considerata la nostra velocità burocratica. La qualcosa dovrebbe farci imbufalire anche perché non è che ’sti irlandesi siano il massimo della simpatia, su alcuni voli Ryanair l’accoglienza non è delle più calde, si può andare incontro a qualche cancellazione nemmeno annunciata, senza rimborso e con l’esclusione di un «sorry» da copione, c’è il caso che un bagaglio sia fuori misura per centimetri due e dunque comporti biglietto maggiorato o che il sedile non sia tra i più confortevoli ma, stando ai numeri, si tratterebbe di asterischi, piccoli incidenti di percorso in confronto a un’offerta che soddisfa il pubblico e che fa registrare una sensibile tendenza all’aumento.
Insomma mentre l’Alitalia continua a rullare, premette, promette ma alla fine non mantiene, il turista o passeggero di affari sceglie la formula migliore, immediata, garantita, a costi più vantaggiosi. La nostra compagnia di bandiera pensa ancora al prestigio, alla forma, alla tradizione ma rischia di dimenticare la sostanza: l’aeromobile deve decollare, deve volare, deve atterrare, non importa se a bordo vengono serviti gratuitamente snack, bibite e giornali, se la bellezza degli stewards e delle hostess è da isola dei famosi o se sono abbigliati dalle grandi griffe, conta la puntualità, conta il portafoglio, soprattutto quando si viaggia in famiglia e in gruppo. Ma, dicono gli avversari, gli scali, nel senso di aeroporti, sono lontani dalle capitali o dalle città più importanti. Perché Fiumicino o Malpensa sono raggiungibili a piedi da via del Corso o piazza Duomo?
Ricordo i tempi di aquila selvaggia, come era definito lo sciopero improvviso, non annunciato che bloccava i voli e dunque il lavoro. Erano i favolosi anni Settanta Ottanta, a bordo di un Milano-Londra, insieme con un illustre inviato de Il Giornale, ci venne servito il pranzo; nel menù una fetta di carne di origine e morbidezza non meglio precisate.

Dopo alcuni tentativi con coltello, forchetta, serramanico, denti, cacciavite (Bin Laden era all’asilo, dunque era ancora possibile portare il necessaire a bordo) il collega convocò la hostess agguerrita, le restituì il vassoio con la seguente spiegazione: «Guardi, sia gentile, sono abituato a mangiare di tutto ma l’aquila selvaggia no, prego». Ryanair non corre nemmeno questo rischio. Alitalia invece, se non si sveglia, potrebbe fare la figura del pollo.

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