Il salvagente milionario non tiene a galla la lirica

Ieri il ministero dei Beni culturali ha reso noti i dati di teatri e fondazioni Il bilancio passivo è una costante. Ma alcuni enti sono più virtuosi di altri. Il dibattito: meglio privatizzare - meglio tutelare

Il salvagente milionario non tiene a galla la lirica

Dopo che il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il decreto di riforma delle fondazioni liriche presentato dal ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi - i cui assi portanti sono la riforma della contrattazione collettiva delle fondazioni, la riduzione dei costi del personale anche con il blocco del turnover, lo spostamento dell’età pensionabile dei ballerini da 52 a 45 anni, nonché la razionalizzazione del sistema di finanziamento statale «rideterminando i criteri selettivi di assegnazione dei contributi» -, ieri sono arrivati i dati relativi alla gestione degli anni precedenti, pubblicati on-line dal ministero. Al di là delle polemiche politiche e delle rivendicazioni di categoria (i sindacati minacciano lo sciopero se Napolitano firmerà il decreto), leggendo i dati alcuni fatti appaiono incontrovertibili.

Il passivo delle annate precedenti è pesantissimo: 2004, una perdita totale di 31 milioni di euro; 2005, perdita di 16 milioni di euro; 2006, perdita di quasi 9 milioni di euro; 2007, di nuovo un passivo di oltre 11 milioni di euro. E poi l’annata nera del 2008, con un buco di 32,5 milioni di euro. Per il 2009 esistono ancora solo dei preconsuntivi ma, nonostante gli sforzi e i 240 milioni di euro erogati dal ministero, si è ancora lontani dall’attivo. Le fondazioni liriche hanno sforato di più di 2,6 milioni di euro (tanto più che mancano ancora i dati del Regio di Torino, di Santa Cecilia e della Fenice). Le previsioni per il 2010, intanto, parlano di una nuova voragine di 6 milioni. Ma tra ente ed ente esistono differenze di gestione e non sempre chi riceve più denaro lo spende bene. La Scala vanta il pareggio dal 2005, grazie anche alla sua capacità di ottenere contributi da parte di soggetti privati. Il virtuoso Lirico di Cagliari è in attivo dal 2004. Molto peggio la gestione del Comunale di Bologna, che ha un passivo medio di più di 2 milioni e mezzo l’anno, o del Maggio musicale Fiorentino che, escluso il 2006, chiude in rosso profondo (anche se il record negativo 2009 sembra essere quello del Teatro dell’Opera di Roma che va sotto di 6,3 milioni).

Risultati così diversi non si spiegano solo con l’importanza e la visibilità delle singole fondazioni. Il Teatro Massimo di Palermo è riuscito a raggiungere utili consistenti, nel 2009 siamo quasi a 2 milioni, pur provenendo da una situazione che prima del 2005 non era rosea. Come spiega il sovrintendente Antonio Cognata: «Veniamo da cinque anni di attivo, frutto di una gestione che ha abbattuto costi e aumentato spettacoli. È una bugia che la lirica debba avere i conti in rosso. Il nostro attivo deriva dall’aver speso, rispetto al 2002, almeno 10 milioni in meno ogni anno... Questo operando con le regole che ci sono adesso.

Non ho ancora letto il nuovo Decreto, ma se ci dà più flessibilità, ben venga».

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