Lorenzo Scandroglio
Sci alpino e scialpinismo, espressioni che si assomigliano per pratiche molto diverse. Certo, in entrambe le «discipline» (giacché esistono anche le corrispettive discipline agonistiche), si usano gli sci, quegli arnesi portati in Italia nel 1896 dall'ingegnere svizzero trasferitosi a Torino Adolfo Kind. E in origine in effetti non c'erano differenze, considerato che il turismo di massa sulle montagne non era ancora nato, che non esistevano impianti di risalita e che, pertanto, le «skiate» erano appannaggio di pochi eletti ma anche volenterosi che scarpinavano fino in cima ai pendii per poi ridiscenderli. Gli attacchi lasciavano libero il tallone e la skiata ricordava molto quella dell'attuale telemark, con vistose flessioni del ginocchio e sollevamento del tallone a monte. Roba da ballerini! Oggi le cose sono cambiate e, così come l'uso dello sci si è incanalato in molteplici specialità (fondo, discesa veloce o da slalom, salto, freeride, scialpinismo, telemark, etc.), tecniche e materiali si sono vistosamente differenziati. Eppure oltre a queste differenze, che si riflettono spesso anche in una diversa «filosofia» (passateci il termine!) dei loro praticanti, c'è un discrimine fondamentale fra sci da discesa e da alpinismo che viene considerato insormontabile: nello sci alpino si va solo in discesa - e ce la si gode; nello sci alpinismo bisogna anche salire - e si fa fatica. A questo punto la maggior parte non vuole più saperne, con il rischio di precludersi la possibilità di godere, qualche volta nella vita, di scenari mozzafiato. D'altra parte quale altra scelta abbiamo se ci prende il desiderio di lasciare la folla alle spalle e di raggiungere un luogo dove non c'è altro modo di arrivare se non con attrezzi adatti a galleggiare sulla neve fresca, in armonia con la natura?
Troppo spesso però, sarà per motivi culturali, sarà per «ignoranza» della materia, la questione viene affrontata in modo sbagliato, senza vie di mezzo, senza sfumature. Come in tutte le cose, invece, ci sono dei compromessi. Intanto occorre dire che le attrezzature sono diverse ma, per chi fosse in procinto di cambiare sci e volesse avviarsi sulla traccia bianca dello scialpinismo, ci sono alcune opzioni che consentono l'utilizzo di sci versatili, buoni tanto in pista quanto nelle escursioni alpinistiche.
Ciò che differenzia la pratica dello sci da pista da quella escursionistica con le pelli di foca è che la prima fa uso di sci più pesanti e rigidi mentre la seconda di sci più leggeri e flessibili; che gli attacchi della prima non consentono di staccare il tallone, mentre quelli da scialpinismo lo devono lasciare libero per la salita e vengono bloccati prima di cominciare la discesa (non ci soffermiamo qui sulle numerose tipologie e ci limitiamo a consigliare, per chi comincia, un tipo di attacco che si aggancia in modo molto simile a quello da pista e che presenta una sbarra in titanio che corre proprio sotto la suola; non leggerissimo ma molto funzionale, sicuro e affidabile); la sciancratura dello sci da alpinismo non deve essere esasperata per garantire maggiore aderenza delle lamine e delle pelli nei cosiddetti traversi; gli scarponi dello sci da discesa sono tendenzialmente più alti e decisamente più rigidi (oltre che pesanti) di quelli da scialpinismo che, per ovvi motivi, devono garantire più flessibilità nella camminata in salita (tra l'altro, poiché può capitare di effettuare brevi tratti a piedi con gli sci in spalla, gli scarponi da scialpinismo sono dotati di suole simili a quelle delle scarpe da trekking, con gomma scanalata antiscivolo). Ma non è tutto: senza le cosiddette pelli di foca lo scialpinista non va da nessuna parte: il termine oggi è improprio perché si tratta per lo più di pelli sintetiche (con buona pace per noi amanti degli animali...) che vengono applicate sulla soletta dello sci, grazie a una speciale superficie adesiva di cui sono dotate, fin tanto che si va in salita, per poi toglierle prima di cominciare la discesa. Le pelli consentono lo scivolamento in una sola direzione, quella di salita, ma non il contrario per effetto del contropelo.
A questo punto occorre «armarsi» di buona volontà e partire. Per la scelta dell'itinerario non è necessario andare a fare gli «iron men» su montagne impossibili o rischiare quando le condizioni di neve presentano un potenziale pericolo di valanghe. Si può anche riservare un giorno nel bel mezzo di una vacanza di sciate normali, nelle vicinanze della vostra località sciistica preferita. Ovunque infatti (dalle Alpi agli Appennini) ci sono innumerevoli percorsi, alcuni già «catalogati» in apposite guide manualistiche, altri inventabili ad hoc purché effettuati (entrambi) con una guida alpina (www.guidealpine.it) o con una persona esperta. Certo, è sempre consigliabile effettuare un corso preliminare (magari uno dei tanti «low cost» del Cai) per acquisire i primi rudimenti, per sapere che cos'è e come si usa l'Arva (l'apparecchio elettronico per la ricerca delle persone sepolte dalle valanghe), la pala e la sonda.
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