Se fare la first lady rende normali

di Manila Alfano

Defilate, tranquille, tanto da sembrare addirittura normali. È questa la mission impossible delle first lady di tutto il mondo. Da Melania Trump a Brigitte Macron. E prima di loro, da Carla Bruni a Michelle Obama, fino alla nostrana Agnese Renzi.

Il potere, meglio farlo esibire ai mariti, come in una gara di virilità, vince chi ne fa vedere di più. Le signore invece, meglio un passo indietro sempre, ben accorte a non strafare: sorrisi d'ordinanza e sguardi docili da sfoderare. È così che, un punto alla volta, si conquista il cuore degli elettori. E Melania lo ha imparato suo malgrado. Entrata alla Casa Bianca in punta di piedi è rimasta acqua cheta e silenziosa. Ha preso le misure, ha saputo capire (lei più di lui) che meglio restare in silenzio che parlare a sproposito. E gli americani, all'inizio frastornati, hanno imparato col tempo ad apprezzarla. Il disgelo, lento ma discreto, è iniziato da qualche mese con un target ben chiaro in mente: inviare sempre il messaggio che normale è meglio. Elegante ma senza strafare, ultimamente si è anche avvicinata all'orto tanto caro a Michelle Obama, (peccato che abbia sbagliato look scegliendo per sporcarsi di terra una camicia da 1.300 dollari). Durante la visita al Royal Hospital Chelsea di Londra di un paio di settimane fa, ad esempio, si è prestata a una sfida a bocce benefica con Philip May, il marito della premier britannica Theresa.

Niente di nuovo sotto il sole delle first lady. Anche in Italia, con Agnese Renzi, il copione ha previsto basso profilo. Mentre il marito Matteo Renzi prometteva più soldi in busta paga, Agnese era impegnatissima a fare la donna qualunque, a fare la spesa tra le bancarelle del mercato. Quadretto confezionato a immagine e somiglianza da signora della porta accanto.

Dici first lady misurata e ti viene in mente Carla Bruni in Sarkozy. Lei, quintessenza dello snobismo esibito in passerella, una vita da prima classe, da premièr dame, si è rinnovata - in men che non si dica - in moglie dimessa, quasi trascurata. Messi via i vecchi abiti provocanti, ha sfoderato orgogliosa un viso acqua e sapone e ballerine per non sovrastare il marito.

Faro indiscusso tra le votate alla normalità Michelle Obama, la first lady più first di tutte che ha strizzato l'occhio al modello friendly . Empatica per natura e semplice nello stile, nel 2015 ha ammesso pubblicamente di sentire la mancanza di una vita normale e a Carla Bruni ha detto «fare la first lady è un inferno». Lei che quella normalità l'ha portata anche nel clamoroso abbraccio alla Regina Elisabetta, spontanea ed estroversa ha ballato come una teen ager qualunque nel talk show di Jimmy Fallon per promuovere uno stile di vita sano, che ha cantato in pubblico «Single Ladies» di Beyoncé come avrebbe fatto una qualsiasi di noi. Non contenta, Michelle, si è infilata guanti e stivali e ha zappato l'orto della Casa Bianca. Sudata e testa bassa, a rendere omaggio agli avi, chini sui campi di cotone, orgoglio nero risvegliato e osannato. E allora svicolare dalle etichette, dal controllo delle guardie del corpo, fingere anche per un istante di essere una tra tante. Riavvicinarsi alle persone, non guardarle solo dall'alto ma stringere loro le mani, per sentirsi in fondo un po' meno sole, proprio come si era inventata Lady D.

La gente era stata la sua salvezza, antidoto ai dolori che le procurava un marito assente e fedifrago. A casa lo sconforto del protocollo e i dispiaceri con Carlo, fuori l'abbuffata bulimica, di abbracci delle persone comuni.

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