Che ne direste di un pizzico di muschio essiccato? O di un po di cenere di vite? Volete favorire un po di pelle di ribes? O forse preferite un gamberetto fresco al punto di essere vivo, solo un po stordito dal ghiaccio in cui riposa prima di essere inghiottito? E per dopo? Una zolla di suolo? Magari siete più adatti a un fiore da intingere in una vinaigrette di olivella spinosa (daltronde non cè rosa senza spina). O allo skyr, sorta di yogurt nordico che garantiscono essere stata prelibatezza per Vichinghi. Questo menu da saga fantasy viene servito da un giovane signore gentile dal ciuffo ribaldo e un po di barba che di nome René Redzepi e accidentalmente è da due anni considerato il migliore chef del mondo. Lo dice la classifica di The Worlds 50 Best Restaurant. Bontà loro, certo. Ma in vista nessuno nel pur iconoclasta mondo della critica gastronomica che si azzardi a contraddire questo primato.
Redzepi (cognome macedone) da nove anni stupisce il mondo nel suo ristorante-hangar di Copenaghen in Danimarca, il Noma. Città e nazione tradizionalmente assenti dai Tom Tom dei gourmet internazionali, che lui e un pugno di chef giovani e illuminato hanno trasformato in mete imperdibili. Redzepi è il Lars von Trier della cucina, con la differenza che in pochi definirebbero il contorto regista danese il migliore film-maker in circolazione. Unisce i due il fatto che anni fa hanno inventato un manifesto attorno al quale si è coagulata la meglio gioventù della rispettiva arte. Là il Dogma 95 (niente scenografie, luci artificiali, colonne sonore, flashback e solo cineprese a mano - da cui linconfondibile tremolìo), qui il manifesto della nuova cucina nordica (Ny Nordisk Mad: e Noma prende nome da queste ultime due parole), che ha portato la Scandinavia tutta a competere con le tradizionali grandi cucine del mondo.
Ora che il penultimo grande innovatore della cucina internazionale, Ferran Adrià, genio della cucina molecolare qualsiasi cosa essa sia stata, ha chiuso il suo leggendario ristorante di Roses, in Costa Brava, in attesa di capire come spendere il suo sterminato ancorché controverso talento, viene da pensare che il suo successore e allievo (Redzepi vanta nel curriculum un passaggio al Bulli) abbia preso il suo testimone alla guida di quella cucina dello stupore, dellesagerazione, della tecnica esasperata, del gesto, della provocazione (e anche quindi del conto vertiginoso, dellesperienza da raccontare su facebook, della prenotazione con due anni di anticipo) che sembrava negli ultimi anni aver lasciato il posto a un recupero della tradizione, del comfort food, del rigore filologico.
Un po è così. Ma molto no. Redzepi è chef di formazione classica che è giunto alla sua rivoluzione dopo un percorso molto largo che lo ha portato a riscoprire elementi dimenticati o spesso usati solo come slogan: la cucina come ancestralità, divertimento, stagionalità, localismo, salute, freschezza (per questo dal crudo si passa come visto al vivo). E non pensiate che il Noma sia un locale ingessato, liturgico, silenzioso, austero. È un luogo in cui il cliente si siede su sedie di legno - unico lusso davanti a un tavolo coperto solo da sottopiatti di peltro; ed è spesso chiamato a recitare parte attiva nel pasto: ad esempio cuocendo da sé un uovo di papera in una padella per un minuto e mezzo (il cronometro è di serie) e guarnendolo con ingredienti tra lincredibile e il poetico. Un luogo in cui quando ti siedi sai che ti aspettano almeno 20 piatti non trattabili e la sola scelta tra un paio di menu, uno lungo e uno lunghissimo e poi giochi davvero e ti diverti e alla fine il conto che paghi (in corone danesi più o meno 200 euro per lesperienza extralarge) è quasi adeguato a tanto nordico carnevale.
Epperò. Epperò a leggere o sentire raccontare i piatti di Redzepi (che tutto questo lo ha inventato che ha solo 34 anni) è difficile non sbalordire; non considerare poi Massimo Bottura (per chi non lo sapesse, lo chef di vaglia della cucina italiana) una Benedetta Parodi versione deluxe. A caso qualche suggestione: le carotine croccanti di unimpronunciabile regione danese da mangiare estirpandole da un terriccio che è fatto di pane, malto e altre commesitibilità. Il wafer di pelle di pollo croccante, quasi una merendina 2.0. Il muschio essiccato con polvere di funghi, che pare un centrotavola un po zen e invece è un goloso antipasto. Un vaso che nasconde un nastruzio che al posto del pistillo ha una lumaca, che dà lemozione di mangiarsi un pezzo del décor appena seduti a tavola.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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