Permettetemi un ricordo e un parallelo personale. Fra il 1999 e il 2001 ho avuto la fortuna di poter seguire per il Giornale Silvio Berlusconi. Fortuna professionale, ribadisco, persino se le mie idee fossero state diametralmente opposte a quelle moderate. Anzi, se possibile, il Cavaliere dedica più tempo, attenzioni ed energie a coloro che non la pensano come lui. Gli piace discutere, confrontarsi, convincere. E si rende perfettamente conto di quanto lo danneggino gli yes-man che fanno a gara per dirgli quanto è bravo, bello e persino alto.
Ecco, dicevo, seguire Berlusconi in quegli anni - forse ancor più che in quelli di governo, ovviamente dominati e a tratti soffocati dal clima istituzionale e dalle mediazioni della politica e con gli alleati - è stata una grande fortuna perché ho potuto assistere alla mutazione genetica di Forza Italia e del suo popolo. Un fenomeno pre-politico, quasi antropologico, sicuramente sociologico. Quello che veniva presentato sprezzantemente dai giornali dei salotti e dalla sinistra dei salotti come un «partito di plastica» e di fighetti (e già non lo era) si palesò in quegli anni come un vero partito di massa. E, se possibile, come il partito della vera sinistra. Se si intende come sinistra lattenzione ai ceti più deboli e svantaggiati e lequità, la solidarietà non pelosa e la tutela dei diritti che non dimentica i doveri.
Insomma, in quegli anni, ho avuto la fortuna di assistere a un fenomeno unico e di poterlo raccontare. Un fenomeno, lo ribadisco, che non era solo politico.
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