Parlare di mercato, in questo specifico momento, non può che portare a conclusioni, di certo, non incoraggianti. Il calo dei consumi è inequivocabile. Eppure, con riferimento più specifico al mercato dell'orologeria, i numeri riguardanti le esportazioni della Federazione delle Industrie Orologiere Svizzere continuano ad essere positivi, con un incremento globale nel mese di settembre, in valore del 15,5% e, ancor più importante, del volume complessivo movimentato, del 14,6% (un aumento di 310.000 unità rispetto allo stesso periodo del 2007): indicativo, poi, l'elemento che le migliori performance siano state messe a segno dagli orologi in oro e in platino (rispettivamente +30,9% e +60% in valore, +14,6% e +114,2% in quantità). Un dato confermato dalla crescita in valore delle vendite di segnatempo dal costo uguale o superiore (ante ricarichi della filiera distributiva) ai 3.000 franchi svizzeri, del 28,2%. In ogni caso, anche gli orologi più economici (segmento inferiore ai 200 franchi svizzeri di costo) hanno ottenuto risultati incoraggianti, aumentando del 20% il loro fatturato globale.
Per quanto concerne i Paesi importatori, prosegue la leadership di Hong Kong (+18,9% in valore nei primi nove mesi dell'anno), seguita dagli Stati Uniti, abbastanza stabili, dal Giappone, seppure in costante flessione, incalzato dalla Francia, in notevole ascesa; subito alle spalle del paese transalpino, ecco l'Italia, le cui importazioni, in valore, in settembre sono aumentate del 15,9%, per un dato complessivo, da gennaio a settembre 2008 di 706,5 milioni di franchi svizzeri spesi, pari a +6,1% nel raffronto con gli stessi mesi del 2007. Sembra, quindi, che non vi siano particolari problemi, ma se si comincia ad entrare più profondamente nel tessuto distributivo classico, ossia punti vendita concessionari, e vi si aggiungono anche i centri commerciali, si tocca con mano una realtà ben diversa, fondata sul "meccanismo" probante del sell out e non su quello fittizio del sell in: e questa realtà esprime nettamente una situazione di crisi consolidata, con retailers storici e affermati che hanno subito una flessione, in alcuni mesi pari al 50%, in particolare nel segmento che da tutti veniva ritenuto un isola felice come l'alto di gamma.
Non sorride nemmeno, ovviamente, la fascia medio-bassa di prezzo che, legata a filo doppio alla rotazione di elevati volumi di prodotto, ha subito un forte ridimensionamento. In situazioni del genere, una soluzione potrebbe essere quella di tornare alla formazione di una vera e propria cultura orologiera, cercando di avvicinare all'arte del segnatempo quelle frange di pubblico ancora ai margini. Un'iniziativa degna di nota in tal senso, che si aggiunge, ad esempio, allo straordinario e riconosciuto Museo Patek Philippe di Ginevra, è stata l'inaugurazione, nel maggio scorso del Museo Tedesco dell'Orologio Glashütte, per iniziativa dellomonimo marchio, di proprietà dello Swatch Group, Glashütte Original. Un interessante percorso anche storico nella cittadina tedesca culla della superba tradizione sassone: su di una superficie totale di 1.000 mq, sono oltre 400 gli oggetti esposti.
Un'altra strada, perseguita, in particolare da Maison d'elevato profilo, è quella della ricerca dell'originalità tecnica o estetica, lontana dai canoni classici.
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