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"Il cervello in quarantena? Cambia in tutti i sensi"

Il Coronavirus ha travolto le nostre vite in tutti i sensi, e sensi non è parola casuale, visto che ormai, da quasi due mesi, viviamo rinchiusi in una specie di bolla, intrappolati nelle nostre case, isolati dagli altri, senza contatti fisici se non con le persone con cui abitiamo

"Il cervello in quarantena? Cambia in tutti i sensi"

Il Coronavirus ha travolto le nostre vite in tutti i sensi, e sensi non è parola casuale, visto che ormai, da quasi due mesi, viviamo rinchiusi in una specie di bolla, intrappolati nelle nostre case, isolati dagli altri, senza contatti fisici se non con le persone con cui abitiamo; e la nostra percezione della realtà sta, di conseguenza, cambiando, perché diversi sono gli stimoli che arrivano alla nostra «mente in quarantena»... Quanto l'esperienza e le emozioni influiscano sul nostro cervello lo racconta bene Enzo Soresi, chirurgo specializzato in oncologia polmonare il quale, dopo decenni di lavoro all'ospedale Niguarda di Milano, ha scoperto la passione per la neurobiologia e la medicina integrata, come testimoniano il suo bestseller Il cervello anarchico (Utet, 2005) e il più recente Come ringiovanire invecchiando (Utet, 2019). Ha appena sconfitto il virus, dopo un ricovero di undici giorni al San Gerardo di Monza.

Professor Soresi, come sta?

«Bene, ho recuperato all'80 per cento. Sono praticamente guarito, però c'è la riabilitazione da fare, perché, dopo la malattia, ci si sente come una pelle di fico... È come essere passati sotto uno tsunami. Però vorrei dare tranquillità alle persone».

Tranquillità?

«Sì, contro tutti questi catastrofisti che sento continuamente in televisione, perché ormai ci sono gli strumenti per identificare e combattere la malattia. Non siamo come i tedeschi, ma ci stiamo arrivando anche noi: ridiamo forza alla medicina e alla sanità, e basta con questi futurologi che ci stanno distruggendo. L'importante è individuare subito il virus, e si può guarire. Poi sa, a volte la perdita di gusto e olfatto può essere anche l'unico sintomo, da solo».

Come mai?

«Questo virus colpisce i recettori dell'olfatto o, a volte, anche il bulbo olfattivo, più a monte: i danni sono circa del quaranta per cento, e buona parte recupera in tempi rapidi».

A lei è successo?

«No, ho continuato a percepire odori e sapori, e a mangiare regolarmente. È successo a una mia amica, e sta recuperando dopo circa un mese».

E come si vive senza olfatto e gusto?

«Malissimo. Ho avuto pazienti che hanno perso l'olfatto: si vive male, mancano il piacere e l'emozione delle percezioni, mancano certe risonanze positive del rapporto con il cibo e con gli odori piacevoli. È come essere un terreno neutro. Anche se poi ci si abitua».

Come ci si abitua?

«Nell'uomo c'è una capacità di adattamento affascinante, come racconta Sacks in Un antropologo su Marte, a proposito di quel cieco che, dopo che la moglie gli ha fatto fare tanti interventi per riacquistare la vista, alla fine diventa un disadattato...».

In questo momento il lavoro dei nostri sensi è alterato, non solo dalla malattia ma anche dall'isolamento?

«Ora, che si possa perdere l'olfatto direi di no, servono generazioni affinché un senso possa perdere la sua attività. Questa è una situazione temporanea».

Però dovremo portare le mascherine per tanto tempo, a quanto pare. E con le mascherine il naso è tappato...

«Certo, l'olfatto è penalizzato, filtrato, soprattutto per i medici e gli infermieri, che devono tenere le mascherine a lungo: bisognerebbe chiedere a loro, fra un mese, com'è il loro olfatto. Alla lunga potrebbe crearsi qualche danno ma, sul breve periodo, non c'è rischio di perdere la sensibilità. Da un punto di vista dei rimbalzi a livello neuroendocrino invece c'è uno stress emotivo di difficile percezione, indotto anche dal bombardamento di informazioni».

Abbiamo una percezione alterata della realtà?

«Sì, se l'isolamento durasse troppo a lungo pagheremmo danni neurobiologici importanti per la mancanza di relazioni, per l'impossibilità di abbracciarci, di toccarci, di scambiare informazioni: noi viviamo di emozioni, sostenute da una serie di algoritmi nel cervello, che vanno rispettati e, se le perdiamo, siamo penalizzati a livello biologico».

Come?

«Con lo stress, che porta all'aumento del cortisone serico e, quindi, a uno stato di infiammazione cronico. Io stesso, in otto anni, sono passato da uno stato di infiammazione alto a uno basso, grazie alla dieta e all'attività fisica quotidiana; ed è così che ho potuto affrontare la malattia in una condizione di infiammazione ridotta, e guarire, nonostante i miei ottant'anni. La vecchiaia è perdita di muscolo e infiammazione».

In questo momento lo stress emotivo aumenta?

«Certo: sono in isolamento, bombardato da informazioni che creano ansia, non posso neanche camminare... Lo stress cronico mi infiamma ancora di più».

A parte l'olfatto e il gusto, quali altri sensi sono colpiti da questa situazione?

«L'udito non ha problemi, sentiamo anche troppo».

Troppo silenzio da un lato, e troppe sirene dall'altro.

«E questo crea stress emotivo, attraverso l'udito. È la biologia delle emozioni».

La vista?

«Anche lì, vediamo fin troppo. Il danneggiamento visivo dei bambini, nel rapporto con lo smartphone, si vedrà fra molti anni; di certo non si può passare indenni da ottant'anni di telefonino, ma questa è l'evoluzione dell'Homo sapiens, ci stiamo distruggendo».

E il tatto? Non ci si può più toccare, abbracciare, mettere una mano sulla spalla.

«In questa fase non credo perderemo questa capacità, anzi, recupereremo in modo spettacolare, dal 4 maggio».

Qual è il senso più penalizzato, in questo momento?

«Forse il tatto. L'impossibilità di toccarsi e condividere pesa soprattutto per noi italiani, che stiamo insieme molto fisicamente».

Quanto conta il tatto nella costruzione del nostro io, quella sintesi biologico-neurale di cui parla?

«È importantissimo, perché il nostro organismo ha dei recettori periferici che entrano in contatto con le strutture più profonde del nostro cervello: è per questo motivo che le stimolazioni tattili, come nello shiatsu o nella terapia craniosacrale, si trasmettono a tutto il nostro corpo e ci rilassano così profondamente. Le situazioni di dolore del corpo sono spesso legate a conflitti emotivi non liberati».

Queste sofferenze possono aumentare in un momento come quello che stiamo vivendo?

«Certo.

Ed è per questo che dobbiamo fare attività fisica, per liberarci».

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