il commento 2 Ma non si può fare a meno del Festival Gaber

di Paolo Giordano

I n grande stile, però chiude. Dopo dieci anni il Festival Gaber si concede un mese intero di eventi che coinvolgono Camaiore, Lucca, Pietrasanta, Capannori oltre alla tradizionale Cittadella del Carnevale di Viareggio, il centro nevralgico della manifestazione. Un modo sontuoso per chiudere un ciclo. Dieci anni dalla scomparsa del creatore del Teatro Canzone, Giorgio Gaber, il pensatore liberale della canzone d'autore destinato a rimanere il più attuale per tanto tempo ancora a venire. La figlia Dalia Gaberscik, che si è dannata l'anima per tenere sempre alto il livello di un cast, ha confermato che «non è detto che non si possa proseguire con altre idee». Anche se le difficoltà sono oggettivamente enormi (budget, struttura organizzativa eccetera) il Festival Gaber è diventato piano piano un crocevia creativo della canzone, mescolando artisti diversissimi per età, vocazioni e talento, da Fossati a Jovanotti a Pausini a J Ax, da Pino Daniele a Neri Marcoré e Morgan e persino Patti Smith, collezionando autentiche gemme interpretative come quelle di Andrea Mirò (Il luogo del pensiero) o di Lucio Dalla nell'imprevedibile versione di Torpedo blu. Le prime a caso, in un elenco pressoché sterminato e compreso (in parte) anche nel triplo cd Per Gaber...io ci sono. Magari non si sa, ma in questi anni tanti dischi e tante canzoni o duetti sono nati, al limite appena germogliati, su quel palco o nei camerini o nei luoghi gaberiani che alla fine di luglio hanno celebrato l'artista più tirato per la giacchetta da tutti, sempre capace, anche adesso che non c'è più, di essere nuovo e imprevedibile.

Perciò, al di là degli evidenti segni di continuità con il teatro canzone di tanti giovani autori e cantanti, anche nelle sue prossime forme, il Festival Gaber rimarrebbe terreno fertile per la musica del nostro futuro. Altrimenti la lascerebbe orfana. E molto.

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