«Così ho reinventato un Monteverdi elettronico»

L'abbinamento è di quelli spiazzanti. Da una parte le Terme di Caracalla -simbolo stesso della tradizione popolare- dall'altra Mario Martone (nella foto) -regista innovatore e dai gusti colti. Eppure proprio qui sta il bello: nel debutto, avvenuto ieri sera, del Combattimento di Tancredi e Clorinda, insolito e raffinato mix di musica seicentesca e contemporanea, nel luogo-simbolo delle Tosche e Aide formato turistico.
«Devo confessare che quando Riccardo Muti e Alessio Vlad me l'hanno proposto, sono rimasto molto perplesso -ammette il regista di Noi credevamo- Poi la loro idea di pensare un luogo di assoluto fascino archeologico, anche come spazio di cultura alternativa, mi ha conquistato». L'idea è quella di allestire in una parte delle terme, la suggestiva Palestra Orientale, all'ora del tramonto e in tandem con un Orazi e Curiazi del contemporaneo Giorgio Battistelli, la raccolta di madrigali di Claudio Monteverdi, ma riorchestrati dallo stesso Battistelli con inserimenti perfino elettronici, e interpretati in abiti d'epoca. «È uno spettacolo che già proposi a Ravello nel 2005, ma che qui, fra le rovine capitoline, assumerà una diversa suggestione. E rappresenterà una piccola sfida». «Io penso -aggiunge Martone- che chi ha il privilegio di lavorare con la bellezza, poi abbia il dovere di rivelarla al pubblico. E in Italia ne abbiamo tanta, di bellezza. Spesso nascosta». La vasta popolarità ottenuta con scelte meno raffinate, dice, non gli manca; «Anche se poi, da molti miei lavori difficili ho avuto anche belle sorprese. E così, quando ho pensato di portare le Operette Morali di Leopardi in scena, non si trovava un teatro disposto: scappavano tutti. E poi abbiamo avuto una tournée trionfale».
Non a caso proprio al poeta di Recanati il regista dedicherà il suo prossimo film, di cui in questi giorni lavora alla sceneggiatura. «Non posso però rivelarne niente. Se non che parlerà di Leopardi e delle sue opere; quelle stesse che molti di noi a scuola odiavano, e che poi hanno riscoperto. Un altro esempio di bellezza nascosta». Nell'ambiente teatrale forse più tradizionale che esista, quello della lirica, Martone si sta rivelando uno dei registi di maggior successo: «Fino a dieci, venti anni fa il regista nell'opera era ancora ritenuto un elemento accessorio. Oggi finalmente si è capito che le opere vanno viste, oltreché ascoltate. Gli stessi Mozart e Verdi dedicavano attenzioni spasmodiche all'elemento teatrale dei loro spartiti».
Certo, riflette il regista, «per interpretare uno spartito musicale come fosse un copione di prosa ci vuole coraggio. Ma anche senso della misura. E soprattutto rispetto per la musica.

Qualunque scelta è accettabile; purché interpreti il senso della musica. E di fronte a certe regie liriche d'oggi, dove il teatro va da una parte e la musica dall'altra, anch'io -confesso- m'arrendo e alzo le mani».

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