Frenetica, glamour e internazionale, ecco a voi "MiArt"

Frenetica, glamour e internazionale, ecco a voi "MiArt"

I galleristi sostengono che il mercato sia fermo, che tra gli allarmi dall'Europa e le previsioni del ministro Tria, quella minima ripresa cui avevamo assistito mesi fa si sia di nuovo arrestata. Si vende poco e solo agli stranieri, i collezionisti italiani hanno di nuovo paura, parole come «crisi» e «recessione» li tengono lontani dalle contrattazioni.

Solito quadro cupo, seppur realista? Non importa, Miart passa oltre e inaugura oggi a Fiera Milano City (fino a domenica) un'edizione monstre. Qualitativamente la fiera è in crescita da diversi anni: nel 2019 ben 186 gallerie, con la prima assoluta di Hauser&Wirth e Marion Goodman, spazio alle nuove proposte, ai designer e ai progetti curatoriali incentrati sugli emergenti, sulle decadi che hanno scandito il '900, sull'arte on demand, di cui non si sa ancora molto, ma che dovrebbe favorire la relazione col pubblico. IntesaSan Paolo, tra i main sponsor dell'operazione, dedica il proprio spazio alla mostra personale di Paolo Bini, talento emergente nella pittura. Molto interessante la campagna di comunicazione dal taglio cinematografico, destinato a un pubblico ben più ampio di quello dell'arte. Aspettando, come al solito, il Salone del mobile, la settimana successiva.

Che a Milano si respiri un'atmosfera contagiosa (contagio positivo, per una volta, chissà che a beneficiarne non siano tutti gli operatori italiani) è dimostrato da un programma di eventi di respiro internazionale, cominciando dall'installazione del ghanese Ibrahim Mahama, voluta dalla Fondazione Trussardi, che appare come un impacchettamento alla Christo seppur realizzato con materiali poveri. D'altra parte quella di oggi è l'arte del day-afterism, senza memoria e ipercitazionista. Stasera apre a FM in via Piranesi la collettiva Il soggetto imprevisto. 1978: arte e femminismo in Italia; tradizione di questo spazio è indagare i mutamenti socio-politici con operazioni comunque foriere di discussioni. Sempre a proposito di donne, importanti le riscoperte di tre figure singolari, la brasiliana Lygia Pape, esponente del minimalismo alla Fondazione Carriero, Anna Maria Majolino al PAC, esposta per anni dalla galleria Raffaella Cortese, oggi non più semplice outsider, mentre Renata Boero, con i suoi libri «in pittura» è al Museo del Novecento. L'Accademia di Brera dedica la giornata di oggi al convegno di studi su Enrico Crispolti, storico dell'arte scomparso di recente.

Il messicano Carlos Amorales è alla Fondazione Pini con una gigantesca e inquietante rappresentazione di oltre 300 farfalle nere. Da corso Garibaldi, rimanendo in centro, consigliata la rivisitazione dell'Ultima Cena secondo Demetrio Paparoni alle Stelline e, soprattutto Hypervisuality a Palazzo Dugnani in via Manin 2 con le opere video di Isaac Julien, Masbedo, Yan Fudong e Julian Rosefeldt. Verso la periferia, è la Fondazione Prada a far da traino ad altri movimenti tellurici. Whether Line è il titolo della mostra di Lizzie Fitch e Ryan Tricartin, un'installazione bomba iperspettacolare, frenetica e disturbante come nello stile dei due americani. A pochi passi ICA, siamo in via Orobia, propone la seconda mostra dalla recente apertura, la monografica dello scultore svizzero Hans Josephsohn, che pur avendo attraversato un lungo pezzo del XX secolo non si era ancora visto in Italia.

A Milano aprono nuove gallerie, coraggio come antidoto alla depressione che regna altrove: nuova sede per Massimo de Carlo, «Scaramouche loves Aline»(si chiama proprio così) in porta Ticinese, aggiungendosi alle recenti

Building, Poggiali, Bianconi. Nota di cronaca e di colore: continuano i dispetti con Artefiera di Bologna, che ha collocato la presentazione del programma 2020 a ridosso dell'inaugurazione di Miart. Forse non era il caso.

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