Lucrezia e Giovanna Quanti luoghi comuni su queste due donne

Pier Francesco BorgiaN ell'epoca dell'informazione «mordi e fuggi» il cibo più facilmente digeribile resta il «luogo comune». E così i taccuini dei cronisti si riempiono di frasi e slogan che vanno a sedimentarsi nell'immaginario collettivo, anche se fuorvianti e spesso lontani dalla realtà.In questi giorni sulla stampa, a esempio, tengono banco due «eroine» del passato nei confronti delle quali la credulità popolare è spesso stata ingenerosa. Persino Papa Francesco è caduto nella trappola del luogo comune e, a proposito delle ultime rivelazioni emerse nel corso del processo Vatileaks 2, sarebbe sbottato esclamando: «Ci mancava soltanto Lucrezia Borgia!» L'altra eroina del momento è naturalmente Giovanna d'Arco, visto che sarà l'omonima opera verdiana a inaugurare il prossimo 7 dicembre a Milano la stagione scaligera. I cantanti l'hanno bollata come una «povera pazza». La Giovanna d'Arco verdiana sarà, nelle intenzioni dei due registi Moshe Leiser e Patrice Caurier che firmano l'allestimento, un personaggio «folle e onirico», addirittura un'«icona pericolosa». Dichiarazioni queste che ovviamente lasciano il tempo che trovano, se non sulla stampa, almeno negli studi foderati di libri degli storici di professione. «Povera Giovanna! Ma soprattutto povera Lucrezia!» commenta divertito Franco Cardini, tra i maggiori studiosi italiani dell'eroina francese e tra i più brillanti indagatori della storia medievale.I luoghi comuni su Giovanna sono tanti, ammette lo storico. Quasi non varrebbe la pena di pensarci su. «Pazza Giovanna? E chi può dirlo? - ribatte Cardini - Le carte dei due processi subiti hanno stabilito che era un'eretica e una visionaria. Pur se quei processi non li tenevano i religiosi dell'Inquisizione ma i giudici laici indirizzati, se non pressati, dal re». L'intuizione davvero pionieristica per l'epoca, ricorda Cardini, fu semmai il «nazionalismo» della Pulzella d'Orleans. Il fatto che una terra dovesse essere gestita e governata dagli indigeni non era proprio della sua epoca. Ci si arriverà molto più tardi. «In fondo l'opera di Verdi - aggiunge lo storico - è firmata da un librettista come Solera che sfruttava il mito di Giovanna d'Arco per battere sui temi tanto cari al pensiero risorgimentale. La stessa cosa, peraltro, fatta ancor prima con il Nabucco e i Lombardi alla prima crociata». Un librettista, però, ha maggiori margini d'azione e di invenzione di un storico e financo di un giornalista.Cardini si mostra più sorpreso, però, dall'uscita di Papa Francesco su Lucrezia Borgia. E prova a spiegarla con la sua matrice gesuitica. «Come accade spesso per i gesuiti - ricorda lo storico - Papa Francesco ha evidentemente giocato sulla cultura popolare che si è sempre nutrita della leggenda nera di Lucrezia Borgia». La figlia naturale di Alessandro VI, semmai, è morta in odor di santità. «Si è ritirata in convento e si è spesa per gli altri con tante opere di misericordia - aggiunge -.

Quella leggenda ingenerosa fu alimentata dallo storico luterano Gregorovius, in un'opera molto acuta ma altrettanto faziosa. I Borgia non furono certo peggiori dei loro contemporanei. E tra essi lei fu certo la meno riprovevole».

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