La morte di Philip Roth, avvenuta a 85 anni il 22 maggio, ha scatenato un grande dibattito negli Usa, in Francia, in Spagna. In mezzo mondo, insomma. Era ovvio, essendo stato Roth uno degli scrittori più noti e apprezzati del XX secolo.
Ma su cosa si dibatte? Sull'America ritratta nei suoi trentuno romanzi? No. Forse sulle sua qualità d'artista? Tutti ne riconoscono l'importanza ma non tutti approvano il suo stile... Ma neppure questo è oggetto del grande dibattito. Forse sarà sul progressivo asciugamento dei suoi libri sempre più vicini a fare i conti con i fondamentali della vita e della morte? No. Sul suo ateismo? No. E se fosse sul disagio di fronte al politicamente corretto, espresso senza mezzi termini ne La macchia umana, giustamente tra i suoi successi più amati? No, il grande dibattito non è neppure su questo. Sarà sui suoi legami con la narrativa degli ebrei d'America, ad esempio Saul Bellow? Ma figuriamoci, non interessa proprio a nessuno. Sulle sue opere forse sottostimate come Il complotto contro l'America, una distopia a tutti gli effetti, non esattamente il genere di romanzo che si associa a Philip Roth? No, per niente. Sulle sue opere di satira politica, come La nostra gang, insieme di atti unici teatrali contro la presidenza Nixon? Assolutamente no. Sui racconti, quelli raccolti ma anche e soprattutto quelli (numerosissimi) mai antologizzati? Neanche per sogno.
Sul Nobel, il maledetto Nobel, che scompare insieme con lui, l'eterno candidato, perdente perché la giuria del premio meno credibile del mondo riteneva «provinciali» gli scrittori americani? Tanto è vero che, quando venne il momento degli statunitensi, lo diedero a un cantante, Bob Dylan, il quale accettò con riserva e fece sapere che le canzoni non sono letteratura. A proposito di premi, Roth ha vinto il Pulitzer, si discuterà quindi sul romanzo vincitore, Pastorale americana, il grande romanzo dove la storia individuale incrocia la Storia con la maiuscola? No, non se ne parla proprio.
Il grande dibattito «culturale» è sulla misoginia di Roth: le donne in Roth sono ritratte con sufficienza; sono solo la miccia che accende l'erotismo dei suoi personaggi; la sua ex moglie non ne parla benissimo; certi studi accademici lo bollano come «sessista». La confusione tra l'uomo e la sua opera, e i giudizi sull'uomo dedotti dalla sua opera, sono il sale del dibattito, specie se si può accusare qualcuno di aver infranto (perfino in un romanzo) le regole del politicamente corretto.
Queste accuse inseguono Roth da sempre, ma si erano placate quando lo scrittore fu arruolato o si arruolò come icona liberal.Oggi che sta sottoterra e nulla può ribattere, riecco il dibattito. Ma appunto come diceva quel tale: «No, il dibattito no».
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