Pieraccioni ci riprova con le donne: "Ma purtroppo non sono cambiato"

Il regista presenta "Se son rose" in cui s'incontra con quattro ex fidanzate

Pieraccioni ci riprova con le donne: "Ma purtroppo non sono cambiato"

«Il nostro è cinema da cabarettisti. Quello di Bertolucci è cinema da maestri. Il film di Bernardo che preferisco è Io ballo da sola: ci sono il sole e la mia Toscana», dice Leonardo Pieraccioni, commentando la morte del più autorevole collega, mentre presenta il suo nuovo film Se son rose (da giovedì, con Medusa), del quale è anche protagonista. Nonostante il velo di malinconia che avvolge la giornata, l'autore toscano pare in piena forma, circondato da un cast femminile che comprende Claudia Pandolfi, Gabriella Pession, Caterina Murino e, soprattutto, sua figlia Martina, otto anni, qui in una piccola parte. Protagonista di questa piacevole commedia autobiografica, dove torna il leitmotiv dell'impossibile rapporto di Leo con l'universo muliebre, è Leonardo Giustini, giornalista web ormai impigrito. «Ti si è ammorbidita la barba», gli dice una ex. E lui: «Non solo quella». Di fatto, il cinquantenne, separato, passa le sue giornate davanti al computer, divorando involtini primavera. Ovvio che la figlia adolescente (Mariasole Pollio, star della Rete con un milione di followers) desideri vivacizzarlo, mandando - di nascosto - un messaggio alle ex-fidanzate del padre: «Sono cambiato, riproviamoci!». E quando quattro signore rispondono all'appello, parte la carrellata di tipi femminili. C'è la suora laica (Murino), che l'ha mollato perché noioso; la madre separata (Pession), con infernali gemelli a carico; la mascolina (Antonia Truppo), che nel frattempo sta diventando uomo e l'ex-moglie (Pandolfi), che conosce troppo bene il suo pollo. Morale: meglio soli che male accompagnati. Ma, soprattutto, meglio padri che mariti: un figlio è per sempre. «Sul tema dell'amore che non dura c'è il libro di Frédéric Beigbeder L'amore dura tre anni. Il film doveva intitolarsi Gli evitanti: sono quelli che prendono coscienza della precarietà dell'amore ed evitano d'innamorarsi», spiega Pieraccioni, che ha scritto soggetto e sceneggiatura con Filippo Bologna, già sceneggiatore di Perfetti sconosciuti. Dopo aver scritto tredici film con Giovanni Veronesi, per Leo «un cinese con i piattini», data la di lui instancabile attività, ecco Bologna, «per alzare la qualità del copione». Al comico non sfugge che il pubblico fugge dalle sale. «Ormai è passato il concetto che i film si vedono su Sky o Netflix. Sta a noi fare qualcosa di prezioso, per riportare il pubblico in sala. Io, anche stavolta, ce l'ho messa tutta», scandisce Leo, per il quale questa è «l'ultima commedia sentimentale».

L'artista si sente «a disagio nell'incontrare nuovi amori, quindi, d'ora in poi, narrerò di figli e genitori: non ho la sindrome del David di Donatello, ma solo quella del cabarettista».

Ci vuole ironia, d'altronde, per raccontare che Laura Torrisi, ex-lady Pieraccioni e madre di Martina, ha tirato il copione in faccia al regista: lui voleva che lei interpretasse se stessa nel film. Quando è troppo, è troppo.

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