Cultura e Spettacoli

Pistone e moschetto fascista perfetto. Il Duce come innovatore

Gregor per primo intuì la modernità del Regime Ecco un interessante libro-intervista sul tema

Un quadro del futurista Gerardo Dottori
Un quadro del futurista Gerardo Dottori

Fu Giuseppe Prezzolini, allora residente negli Stati Uniti, a segnalare (e caldeggiarne la traduzione in italiano), all'inizio degli anni settanta, dei lavori del politologo americano James A. Gregor sul fascismo. Ne sottolineò in alcuni articoli la novità nell'impostazione metodologica e interpretativa. Fu così che nel 1974 apparve, in lingua italiana, il volume L'ideologia del fascismo. Il fondamento razionale del Totalitarismo. Il saggio, pubblicato da una casa editrice orientata a destra, già nel titolo appariva provocatorio nella misura in cui, per un verso, contestava l'equazione fascismo=anticultura diffusa da Norberto Bobbio e dalla intellettualità di derivazione azionista, e, per altro verso, accennava all'esistenza di una dottrina politica, organica e razionale, alla base di un movimento liquidato spesso come pura manifestazione di violenza. Gli studi sul fascismo, a quell'epoca, avevano già avuto una scossa salutare dalla pubblicazione di alcuni lavori di Renzo De Felice, a cominciare da Mussolini il rivoluzionario, che avevano suscitato indignazione e polemiche. Ma, soprattutto, quegli studi avevano cominciato ad arricchirsi anche per i contributi che alla ricerca storiografica, nel bene o nel male, stavano offrendo le scienze sociali.

Nel 1975, se ben ricordo, Gregor venne in Italia per approfondire le indagini bibliografiche e documentarie per i suoi lavori ed io ebbi non solo l'occasione di conoscerlo di persona ma anche di metterlo in contatto con alcuni studiosi. Una volta, anzi, organizzai un dibattito a porte chiuse tra lui, Renzo De Felice e Augusto Del Noce per mettere a confronto tre posizioni, profondamente diverse tra loro ma tutte lontane dalla vulgata storiografica, e verificare se non fosse possibile trovare un minimo comun denominatore. Gregor presentò il fascismo, da una prospettiva politologica e sociologica, come un fenomeno proprio dei processi di modernizzazione. Del Noce ne parlò, da un punto di vista filosofico, come di un tentativo di "inveramento" post-bolscevico del marxismo, mentre De Felice, dall'angolo visuale dello storico, lo assimilò a un "radicalismo di sinistra" che si muoveva lungo la direttrice della cosiddetta "democrazia totalitaria". Le tre posizioni emerse dall'incontro. Per quanto inconciliabili, tuttavia concordavano su un punto, sul carattere rivoluzionario, progressista e antitradizionale del fascismo. Il viaggio di Gregor a Roma si rivelò molto fecondo perché egli, di lì a qualche anno, poté scrivere importanti studi su protagonisti del mondo culturale fascista da Roberto Michels a Sergio Panunzio a Giovanni Gentile , sulla formazione intellettuale del giovane Mussolini e sulle interpretazioni del fascismo da parte di protagonisti e storici, accreditandosi, a livello internazionale, come un'autorità negli studi sui sistemi politici dittatoriali.

Gregor non era e non è uno storico nel senso proprio del termine, ma piuttosto un politologo con sensibilità e interessi di natura storica. La sua carriera accademica, come professore di scienza della politica, si è svolta interamente presso l'Università della California, a Berkeley, il centro della cosiddetta "controcultura" e della contestazione, dove, malgrado le sue idee conservatrici e i suoi studi tutt'altro che politicamente corretti, seppe conquistarsi stima e simpatia anche da parte degli studenti liberal e radical. Tra gli studiosi che lasciarono un segno importante sulla sua formazione ci furono il grande sociologo americano di origine austriaca Paul Lazarsfeld e lo storico della filosofia Paul Oskar Kristeller, che aveva avuto una esperienza diretta, prima di emigrare negli Stati Uniti, sia della Germania nazionalsocialista sia dell'Italia fascista dove aveva collaborato con Gentile. Proprio quest'ultimo, facendogli notare le differenze esistenti fra le due dittature, lo spinse a studiare il fascismo attraverso la lettura dei testi teorici degli esponenti più significativi di quel movimento.

Uno dei primi risultati della ricerca di Gregor fu la scoperta di un rapporto di derivazione diretta del fascismo italiano dalla tradizione rivoluzionaria marxista e, addirittura, leninista. Era un punto, questo, particolarmente urticante, all'epoca, per la sensibilità storiografica politicamente corretta che considerava il fascismo come un regime di destra. Basti pensare, per rendersene conto, alle rammentate polemiche che accolsero in Italia l'uscita del primo volume della biografia mussoliniana di Renzo De Felice, intitolato Mussolini il rivoluzionario. Spostandosi, poi, dalla storia intellettuale alla storia politica propriamente detta e alla storia dello sviluppo economico, Gregor, utilizzando gli strumenti delle scienze sociali, egli inserì il fascismo italiano in una categoria più ampia che definì, nel titolo di un suo libro, Developmental Dictatorship, "dittatura di sviluppo", ovvero un regime modernizzatore finalizzato al processo di sviluppo nazionale. Il rapporto tra fascismo e modernizzazione, peraltro, sarebbe stato oggetto di studio da parte di altri studiosi come l'economista Walter Rostow, il politologo A. F. K. Organski od anche il diplomatico Ludovico Incisa di Camerana, autore, con lo pseudonimo di Ludovico Garruccio, di un importante saggio dal titolo L'industrializzazione tra nazionalismo e rivoluzione. Le ideologie politiche dei Paesi in via di sviluppo. In questa ottica, poco alla volta, Gregor, attraverso un continuo processo di concettualizzazione, arrivò a inserire il fascismo all'interno della più generale categoria dei "radicalismi" del ventesimo secolo all'interno della quale trovavamo spazio movimenti e sistemi politici molto diversi, dal fascismo propriamente detto allo stalinismo, dal maoismo al castrismo fino ai cosiddetti movimenti di liberazione nazionale.

Il percorso seguito da Gregor per giungere a queste conclusioni è illustrato in un agile libro-intervista con Antonio Messina presentato da Alessandro Campi, dal titolo Riflessioni sul fascismo italiano (Apice libri, pp. 158, Euro 13). Si tratta di un lavoro particolarmente interessante e utile per tentare una analisi del "problema fascismo" al di là e al di fuori dei consueti travisamenti ideologici e per capire il senso, ma anche i limiti, del tipo di approccio allo studio di un fenomeno storico da parte delle scienze sociali. Un approccio che tende, per sua natura, a "concettualizzare" e a "generalizzare" tali fenomeni proiettandoli nei tempi lunghi. Secondo Gregor il fascismo italiano ci fornisce "il paradigma di una rivoluzione reattiva, innescata dal profondo senso di umiliazione di un popolo, un senso di umiliazione che, a sua volta, aumenta un programma di accelerato sviluppo economico e industriale sotto gli auspici autoritari di uno Stato a partito unico". Il che porta a concludere che molti casi, per esempio quelli del socialismo arabo e africano per non dire della Repubblica popolare cinese, finiscono per essere, se non proprio assimilabili, quanto meno riconducibili a quella tipologia. Su questo punto, però, sulla validità euristica di tali tendenze a "generalizzare" astraendo dal contesto storico e dal tempo nel quale si verificarono certi fatti, la perplessità della storiografia tradizionale non viene meno.

Proprio riferendosi ad esse Renzo De Felice, nel ricordato dibattito con Gregor e Del Noce, osservò che tali conclusioni, pur avendo "una loro validità di massima" non lo convincevano e gli facevano sempre pensare "grattacieli costruiti su palafitte".

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