Bugiardo. Cialtrone. Con orecchie a sventola che spuntano dal berretto calcato sulla famosa chioma bianca, resa invisibile. Preso a calci tra sacchi di monnezza a New York, dove si aggira come l'Ebreo Errante, senza tetto, né legge. Così non l'avevamo mai visto Richard Gere, mattatore del drammatico L'incredibile vita di Norman, film dell'israeliano Joseph Cedar (dal 28 con Lucky Red). Altro che Ufficiale e gentiluomo: finto scemo, magari. Però simpatico, umano. E sempre incollato al cellulare, mentre cerca d'intortare chiunque, nella solitudine della Grande Mela. «Sono molto fragile per via del jet lag. Poverino!», scherza in italiano la star 68enne. Jeans e camicia celeste, è uno splendido ex-giovane ancora erotico, oltre che uno dei migliori attori della sua generazione, insieme a Michael Douglas e Tommy Lee Jones. Iconico protagonista di oltre 50 film in quattro decenni, Gere è lontano dal maschio alfa di Pretty Woman o di Chicago, mentre scolpisce il personaggio di Norman Oppenheimer, faccendiere newyorchese che diventa amico di un politico israeliano (Lior Ashkenazi), regalandogli un paio di scarpe da 1.200 dollari. Corrompendolo, quindi.
«Nella vita non si sa mai», dice il faccendiere. E infatti, il politico diverrà un leader importante e cambierà la vita di Norman. «Norman? È chi sono io, veramente. Perché decido io come interpretare i personaggi, anche se mi faccio consigliare da registi, costumisti e truccatori, li sto a sentire ma alla fine decido io. Il regista voleva cambiarmi faccia e poiché ero appena tornato dall'India, dove un mio amico attore figurava sui poster con orecchie enormi, ecco esattamente ciò che cercavo: la truccatrice mi ha inserito protesi di plastica perfette», spiega Gere, che adesso preferisce girare piccoli film indipendenti a New York. «La fisicità di Norman è tipica dell'ebreo newyorchese della classe alta. Ho vissuto a New York per vent'anni e ho lasciato che il personaggio, con la sua fisicità, emergesse dalla mia memoria». Certo, fa specie vederlo ingobbito nel cappotto di cammello, mentre zompetta nella neve dietro a improbabili affari.
«In ogni cultura c'è un Norman: nel mondo politico, economico, finanziario. Uno portato al compromesso, ma con un grande cuore. Non è un Madoff che manipola le persone. In finale, il film è una fiaba. Che, come Cenerentola, comincia con un paio di scarpe», scandisce l'attore, qui in ginocchio davanti al politico per il quale acquisterà calzature da 1.200 dollari. Ma tra i due, il faccendiere e l'aspirante ministro, quale relazione: amicizia o compromesso? «C'è sempre un nucleo centrale di persone privilegiate, che decidono tutto. E poi, quelli ai margini, che cercano di aprirsi un varco. Norman è universale: la sua qualità consiste nel fatto che vorrebbe dare ciò che promette. Esplorando il mio personaggio, ho capito che i soldi interessano non per quanto significano, ma per il punteggio che danno».
Carisma da volpe grigia intatto e voci su un possibile Oscar, con Norman. «Certo, l'Oscar mi servirebbe per realizzare più film indipendenti, ma, per la verità, giro gli stessi film che facevo all'inizio della carriera, con registi interessanti. Né ho mai fatto film molto costosi, che gli studi hollywoodiani ora non producono più, ma con budget di 5-6 milioni di dollari e in tempi ridotti.
L'incredibile vita di Norman l'ho girato in 30 giorni», spiega il divo, paladino del Tibet, inviso alle autorità cinesi: non può lavorare in Cina, né con attori cinesi. «Ogni respiro è morte, o giro di ruota. Non si pensi che quanto appare sia costante perché, nella vita, l'altalena prevale». Così parlò Richard Gere.
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