La rivelazione choc dell'editore: "Epstein mi lasciò una testa di gatto davanti casa"

Jeffrey Epstein, milionario morto in carcere e accusato di pedofilia, era solito minacciare chi si metteva contro di lui. E' quello che accadde all'ex direttore di Vanity Fair, che trovò davanti a casa la testa mozzata di un gatto

La rivelazione choc dell'editore: "Epstein mi lasciò una testa di gatto davanti casa"

Recentemente sono usciti una docuserie e un nuovo libro che raccontano i crimini commessi da Jeffrey Epstein. Il milionario accusato di pedofilia, morto in carcere, ha abusato di ragazze minorenni per anni, all’ombra delle sue sontuose ville e coperto da amici influenti, che il diabolico magnate teneva in pugno ricattandoli. Ma non solo: Epstein era solito minacciare coloro i quali osavano mettersi sul suo cammino. Graydon Carter, ex direttore di Vanity Fair, fu una delle vittime che sperimentò sulla sua pelle la crudeltà del finanziere.

Come rivela il The Sun, nel 2007 l’editore stava preparando un pezzo sulle vicende in cui era implicato il milionario, quando di ritorno a casa con la sua famiglia, fece una scoperta sconvolgente. Una testa di gatto e un proiettile erano stati lasciati davanti alla sua porta. Pur non avendo prove a sostegno della sua tesi, Carter si dice sicuro che la macabra sorpresa fu lasciata da Epstein con lo scopo di intimidirlo. Dello stesso avviso è John Connolly, giornalista di Vanity Fair, che ha raccontato cosa accadde al suo capo quel giorno del 2007. “C’era la testa di un gatto sotto il loro portico”, ha rivelato Connolly nel documentario di Netflix. “Non c’è alcun dubbio: era stato lasciato da Epstein o da qualcuno mandato da lui”.

Carter, inquietato dall’accaduto, ha però rivelato di non aver ceduto alle intimidazioni dell’uomo e di essere andato avanti con il pezzo.“Epstein si circondava di persone che sapevano essere spaventose, se non dimostravi di essere un duro. Al tempo non ci fu alcuna indagine e non avevo idea all’inizio di chi fosse il responsabile". I metodi intimidatori del milionario erano all’ordine del giorno e avrebbe fatto di tutto pur di preservare la sua privacy e soprattutto, di non far trapelare i suoi più intimi e sordidi segreti. Secondo Connolly il finanziere “non conosceva confini” e pare che una volta assunse un detective privato per indagare nella vita privata del capo della polizia di Palm Beach, reo di aver aperto un’indagine sul traffico di minorenni dell’uomo.

Ma gli episodi di minaccia di cui Epstein si serviva, colpirono più di una persona all’interno della redazione di Vanity Fair. Nel 2003 Vicky Ward, giornalista del famoso magazine, stava scrivendo un pezzo di inchiesta sui crimini commessi dal misterioso ricco finanziere, e decise di intervistare due delle sue vittime. Un giorno ricevette una telefonata da Epstein in persona che lasciò la reporter a dire poco scioccata. “Vicky, se non mi piace il pezzo che hai scritto, potrebbe essere dura per te e la tua famiglia”, le disse il magnate. La Ward all’epoca aspettava due gemelli e quello che l'uomo le disse, le diede modo di comprendere la cattiveria dell’uomo e il suo potere. “Dove partorirai? Non importa, tanto conosco tutti i medici di tutti gli ospedali. Se non mi piace l’articolo, farò in modo che uno stregone venga in ospedale e lanci una maledizione ai tuoi bambini”.

Come un gangster abituato a comandare con la forza, Jeffrey Epstein, asso dell'alta finanza e filantropo di facciata, riuscì per tanti anni a celare la sua vera natura predatoria e deviata, grazie alle

intimidazioni. Ma il giro di prostituzione minorile che aveva creato era ormai troppo vasto, e neppure le minacce impedirono agli inquirenti di porre fine ai suoi crimini. Epstein morirà suicida in carcere il 10 agosto 2019.

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