Sorpresa, il Festival di Roma l'ha vinto la Regione Lazio

Le pellicole sostenute dall'Ente incassano ben cinque premi importanti. Inclusi quelli contestatissimi al regista Paolo Franchi e Isabella Ferrari

Sorpresa, il Festival di Roma l'ha vinto la Regione Lazio

Internazionale, cioè che interessa più nazioni. Invece alla settima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, che ci aveva promesso Quentin Tarantino e poi ci ha rifilato Paolo Franchi, vincono molti film sostenuti dal Fondo per il cinema della Regione Lazio, circoscritta porzione di terra. A ben guardare, E la chiamano estate, che frutta a Paolo Franchi il premio per la migliore regia e a Isabella Ferrari quello per la migliore attrice, con doppio schiaffo a pubblico e critica, non è la sola pellicola a godere dei contributi della Regione Lazio. È la stessa Fabiana Santini, assessore alla Cultura, Arte e Sport della Regione Lazio, a sottolineare cosa abbiano in comune alcuni verdetti spiccati sabato all'Auditorium. A bocce ferme arriva infatti una dichiarazione in cui l'assessore esprime «grande soddisfazione per l'affermazione dei film sostenuti dal Fondo regionale per il cinema e l'audiovisivo». Quindi prosegue: «I riconoscimenti che il Festival di Roma ha dato alle pellicole realizzate sul nostro territorio, da E la chiamano estate ad Alì ha gli occhi azzurri (di Claudio Giovannesi, ndr), miglior opera prima e premio speciale alla regia, fino ad arrivare a Cosimo e Nicole (di Francesco Amato, ndr), che ha vinto la sezione Prospettive Italia, testimoniano che il Lazio Film Fund ha portato all'industria del settore cinematografico il giusto impulso per una nuova linfa creativa». Una bella scorpacciata, manca giusto il miglior film, riconoscimento andato a Marfa Girl di Larry Clark. Comunque, in tutto, fanno cinque premi importanti a film «sostenuti» dalla Regione Lazio. Dove? Al Festival di Roma, manifestazione promossa, tra gli altri enti e sponsor, dalla Regione Lazio. Non c'è male per un evento che dovrebbe avere dimensione «internazionale».

Tra l'altro, la «nuova linfa creativa» dei controversi film vincitori non ha convinto nessuno. Neanche la giuria. «Nessuna volontà di provocare ma la scelta di un film che ci divideva e ci turbava piuttosto che uno su cui tutti eravamo d'accordo ma che ci dava meno emozioni» ha dovuto ammettere Jeff Nichols, presidente di giuria, commentando il doppio riconoscimento a E la chiamano estate e confermando le parole pronunciate da un altro giurato, PJ Hogan, durante la cerimonia di premiazione. Valentina Cervi, unica italiana in giuria ha aggiunto: «Il film di Franchi ha prestato il fianco alla malattia di un uomo, anche in modo ironico, ma non ci ha mai violentato come invece molti altri film, cercando di imporre qualcosa. Ci siamo scontrati su punti di vista molto diversi, ma alla fine siamo stati tutti coesi». I verdetti finali non poco sofferti, dunque. E la sensazione che la giuria abbia voluto risarcire le contestazioni in sala, ribadire la propria idea di cinema d'autore, affrontare le inevitabili critiche.

In fondo, non conta come sia saltato fuori un palmarés sul quale si continua a discutere. Resta solo da notare come il pubblico pagante, più avvertito della giuria, abbia premiato un film di quelli che vanno in sala a testa alta: The Motel Life dei fratelli Polski, made in Usa. Tra poco giudicherà il mercato: e visto che Marfa Girl uscirà direttamente sul web per volontà del regista Clark, tutti gli occhi sono puntati proprio su E la chiamano estate (esce giovedì). «Sono sempre i giornalisti stranieri che mi difendono», lamenta Franchi. Se lo dice lui, sarà così, ma in generale bisogna ricordare che certi ospiti della kermesse, passati per paladini della rassegna, hanno in realtà dato giudizi non proprio lusinghieri.

Per l'inviato di Libération, ad esempio, il festival di Roma «è un evento cittadino e cinefilo». Appunto: circoscritto e di nicchia, non internazionale e bisognoso di 12 milioni di euro.

Era la prima edizione di Marco Müller, decisissimo a restare. Lo attende un grande lavoro.

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