Tonya, ascesa e caduta di una campionessa

di Craig Gillespie con Margot Robbie, Allison Janney, Sebastian Stan

Tonya, ascesa e caduta di una campionessa

È una biografia, ma non prendetela per oro colato. Nel senso che la sostanza è quella, ma la costruzione, a mo' di falso documentario, vuole raccontare qualcosa di differente da una semplice susseguirsi di fatti. Più che la pattinatrice Tonya Harding, a finire al centro della vicenda è l'ossessione per il raggiungimento della vittoria, che ti snatura. Ma è anche una parabola sulla difficile gestione del successo, che tante vittime ha fatto e non solo in campo sportivo. Tonya, interpretata da una meravigliosa Margot Robbie (che se avesse vinto l'Oscar non sarebbe stato uno scandalo), è figlia di una famiglia proletaria. I pattini sono l'unico mezzo per cercare di arricchirsi, di diventare famosa, per togliersi da un destino di povertà già segnato, comune a tanta provincia americana. A spronarla (è un eufemismo) è la crudele madre (Allison Janney, talmente convincente da aver vinto a mani basse l'Oscar come non protagonista), cinica, senza umanità, che vede in quella figlia poco amata la possibilità di ricavarne qualcosa in termini economici. E i fatti le sembrano dare ragione, al punto che Tonya riesce a compiere, prima donna nella storia, un triplo axel ai Mondiali di pattinaggio. Un'ascesa che, dopo il 1991, dovette scontrarsi con il talento della sua rivale, Nancy Kerrigan, capace di offuscarla in parecchie gare. Fino a quando, nel 1994, durante i campionati americani, la Kerrigan venne assalita da un uomo assoldato dall'ex marito della Harding (uomo violento, che la picchiava e maltrattava), allo scopo di romperle le gambe, per impedirle di partecipare alle Olimpiadi invernali, lasciando così via libera a Tonya. Come andò a finire, è ben descritto da Gillespie che ne ha evidenziato le tante contraddizioni. Sembra un film sceneggiato dai Coen, talmente grottesco da suscitare, in mezzo al dramma, anche risate nere. Un rischio deriva che, per fortuna, rimane negli argini grazie alle due protagoniste in stato di grazia.

Lo spettatore uscirà dalla sala con negli occhi la capacità di autodistruzione di una atleta che vanificò il suo enorme talento, anche per colpa di chi, nel suo entourage, si era limitato a spremerla. Ricorda, per certi versi, la vita di qualche campione della pedata nostrana.

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