Sport

Così la piccola Europa spiega il senso di Eriksen. Luce nell'Inter di Conte

Il danese finora utilizzato con il contagocce è decisivo: può essere finito l'apprendistato

Così la piccola Europa spiega il senso di Eriksen. Luce nell'Inter di Conte

Dopo due sconfitte di squadra e tre panchine consecutive, Christian Eriksen firma il primo gol della sua avventura nerazzurra. Prima il danese, poi Lukaku su rigore all'ultimo istante: missione bulgara compiuta (0-2) e ottavi di Europa League più vicini. Giovedì a Milano, l'atto secondo per chiudere la pratica Ludogorets. Eppure non è stato semplice come si poteva supporre. L'avvio dell'Inter è convincente, dopo 8 minuti, le statistiche dicono 72% di possesso palla nerazzurro. C'è subito un'occasione per Biraghi, innescato da Moses (2' pt), ma è un'illusione, perché poco alla volta, una giocata dopo l'altra, i bulgari prendono le distanze e tornano in partita. Non sono mai pericolosi, ma ristabiliscono l'equilibrio tattico. Ritmo da fine stagione, anche se siamo a febbraio. Due sole altre vere azioni offensive nel primo tempo dell'Inter. La prima ancora sull'asse destra-sinistra Moses-Biraghi, con l'ex viola troppo lento nel calciare in porta ed Eriksen sonnolento sulla respinta imperfetta di Iliev; la seconda con lo stesso Eriksen, protagonista in prima persona su servizio di Sanchez: inguardabile tentato controllo col petto e sinceri ringraziamenti del portiere bulgaro.

Conte stravolge la squadra negli uomini rispetto a domenica (confermati solo in 4: Padelli, Godin, Vecino e Martinez), ma il canovaccio resta lo stesso. Eriksen fa la mezzala sinistra, ma per oltre un'ora tocca molti meno palloni di chi abitualmente gioca in quella posizione, che sia Sensi o Barella. Come avere una Ferrari parcheggiata in garage, e senza benzina.

Giovedì prossimo, l'Inter non avrà Martinez, diffidato e ammonito per un fallo sciocco a metà pt. Poco male, forse. Il Toro sarà fresco per la Juve, cui l'Inter farà visita 3 sere dopo la sfida di San Siro. Di Martinez ha parlato ancora una volta Messi (un giocatore spettacolare, con qualità impressionanti, bravissimo nell'uno contro uno: magari potesse venire con noi), con Beppe Marotta costretto un'altra volta a schermare complimenti che sanno tanto di ammaliante sirena per il giovane connazionale. Le parole di Messi sono motivo di orgoglio per la società e di sprone per il ragazzo: forse Messi vede in lui il suo erede, la diplomatica spiegazione del dg nerazzurro. Una storia di cui si parlerà ancora a lungo.

Palo di Sanchez in avvio di ripresa, ancora da Moses e con doppia deviazione bulgara dopo il colpo di tacco del cileno (5' st). Acuto, il primo, di Eriksen a metà tempo: bel sinistro al volo in mezza rovesciata, con altrettanto bell'intervento di Iliev in angolo (18' st). Un minuto dopo, dentro Martinez (male, investitura di Messi a parte) per Lukaku. È la mossa che serviva. Il peso del centravanti si sente subito, alla prima occasione (25' st): spalle alla porta, appoggia sul destro di Eriksen: gran botta e gol del danese (che quasi non esulta). Ludogorets tramortitio e incapace di reagire, ancora Eriksen sfiora il raddoppio, stavolta di sinistro, da 20 e più metri, traversa piena a portiere battuto.

Il resto scivola lento e facile fino al rigore decretato dal Var (al debutto in Europa League), un istante prima del fischio di chiusura: domenica sarà di nuovo campionato.

Commenti