Roma - Radici andaluse, ma nato e cresciuto a Nemours, periferia di Parigi. Fu per colpa del franchismo che i nonni di Rudi Garcia emigrarono da Garrucha, un villaggio di pescatori vicino a Siviglia. Lui ci torna sempre sin da piccolo perchè ama il sole, i gamberi e il flamenco, «una musica che risuona sempre nei vicoli».
Amante dell'arte in tutte le sue forme, una laurea in educazione fisica per le superiori, un diploma che gli permette di allenare chiunque e dovunque, educazione e rispetto dei ruoli con un pizzico di fantasia, il tutto mescolato con competenza e raziocinio. Questo è Rudi Garcia, 49 anni, un titolo e una Coppa di Francia con il Lille, che sta per affrontare la prima avventura fuori dai confini transalpini. Ieri notte è arrivata la firma di un biennale, con opzione per il terzo anno, da 1,5 mln a stagione con la Roma. Firma arrivata a New York perchè ora decide il presidente Pallotta, che ha deciso di prendere (finalmente) in mano la situazione in casa giallorossa dopo due anni di insuccessi. E la scintilla è scoccata dopo una cena a Manhattan, domani arriverà l'ufficialità dell'accordo. Rudi è un allenatore che crede molto nei giovani, ama la «follia» dei ragazzi, la loro individualità e il loro talento. Sembrano gli ingredienti giusti per il gruppo di Trigoria.
Nel calcio Garcia ha fatto tutto: da ragazzino iniziò a calciare il pallone vedendo il papà professionista Josè, da giovane promessa del Lille diventò eroe per un giorno nel 1984 segnando il gol della vittoria a Parigi con il Psg, poi è stato giornalista, intervistatore a bordo campo, commentatore televisivo fino a diventare preparatore atletico, tattico, assistente, allenatore in coabitazione con Wallemme al Saint-Etienne e da solo a Digione.
La scintilla per la panchina arrivò dopo un incontro con Benitez, che ironia della sorte ritroverà come avversario in Italia. «Non ero nessuno, eppure si fermò volentieri a parlare con me», ha raccontato in passato Garcia. Ora sono veri amici, tanto che dopo la vittoria della Ligue 1 nel 2011 il primo sms di congratulazioni arrivò proprio da Rafa. Ma il suo calcio è più simile a quello di Guardiola: possesso palla, fraseggio corto e spirito offensivo. E la forza delle sue squadre è il collettivo.
Scaramantico quanto basta (il suo portafortuna è un indalo, un omino stilizzato sormontato da un semicerchio tipico dell'Andalusia che ha applicato al portachiavi), ha un feeling naturale con i suoi giocatori.
A dispetto del suo cognome, che ricorda il celebre personaggio della saga di Zorro, dice di non essere «nè sergente nè di ferro», ma di parlare «con i miei calciatori come educo le mie figlie, io correggo loro, loro correggono me». Leggenda narra che nel portafogli porti anche la sua figurina Panini, esemplare più unico che raro nonostante in Francia abbia giocato più di 300 partite. Ora che finirà sull'album italiano, non sarà più così.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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