Jules, le corse nel sangue e un sogno rosso nel cuore

Cresciuto a Maranello, per lui era pronta la terza Ferrari. Fino all'annuncio di Vettel ha sperato di sostituire Alonso

Jules, le corse nel sangue e un sogno rosso nel cuore

«Ho le corse nel sangue». Con questo biglietto da visita Jules Bianchi si presentò in Formula 1 nel 2013 con la Marussia. Un talento nato per correre: lo dice la sua vita, la sua famiglia. Bisnonno meccanico nella squadra corse dell'Alfa Romeo. Nonno campione del mondo nella GT e il prozio Lucien pilota di F1 e vincitore a Le Mans, dove morì in un incidente nel 1969: uscì di pista e andò a sbattere contro un palo. Dinamica tremendamente simile a quella di ieri a Suzuka. Il nonno smise di correre proprio per la morte del fratello, ma il dna della velocità scorre nella saga dei Bianchi, origini milanesi, alcuni cugini vivono in Piemonte.

La carriera di Jules, nato 25 anni fa a Nizza, era quindi già scritta. A tre anni il primo kart, a cinque la prima gara. Quindi la gavetta fino al titolo di campione d'Europa di F3. È in rampa di lancio, ma nel 2010 in Gp2 Bianchi è vittima del primo grave incidente a Budapest: frattura di una vertebra lombare. A quel punto è già nella galassia Ferrari che proprio con il francese apre la Driver Academy. Non un caso che la Rossa punti su di lui perché oltre alle doti tecniche, anche il profilo umano è importante. Un uomo squadra, alla mano con il team, senza atteggiamenti da primadonna. Il paragone più semplice è quello con Felipe Massa, non a caso suo grande amico. «Sono uno con cui è facile lavorare», ama raccontare. E poi quella cura maniacale della forma fisica: a inizio anno non si è fatto problemi ad allenarsi duramente per perdere cinque chili, preziosi per la Marussia per restare nei limiti di peso. Patito dell'allenamento, spesso compagno di Alonso nelle uscite in bicicletta. Intelligente, parla quattro lingue.

Questo ma anche soprattutto la determinazione nell'inseguire il sogno, l'obiettivo. Il titolo mondiale, dichiarato nel numero scelto per la sua carriera: voleva il 7, ma l'aveva già preso Raikkonen e allora ha ripiegato sul 17. L'uno perché è il numero del campione del mondo, il sette appunto perché il preferito. Due stagioni nel Circus fanno capire che il titolo può essere nelle corde di un pilota che ha regalato alla Marussia i primi due punti storici a Montecarlo. Exploit bissato subito dalla straordinaria qualifica con cui portò al dodicesimo posto in griglia, il migliore di sempre, la scuderia motorizzata Ferrari. Pochi giorni dopo è sulla Rossa per i test per la rinuncia di Kimi Raikkonen: a fine giornata il miglior tempo è il suo.

Già la Ferrari. Nel paddock se c'è una certezza è quella che se fosse passata la terza macchina, e mai come di questi tempi il via libera è stato vicino, a Maranello l'avrebbero affidata a Bianchi. Che però la Ferrari ce l'aveva in testa anche qui in Giappone, al giovedì, quando l'addio di Alonso è diventato certezza il francese senza paura disse: «Io mi sento pronto. Lavoro per questo dal 2009, quando sono entrato nella Ferrari Academy.

Sarebbe un passo logico». Ci andrà Vettel, ma il destino è stato ancora più cattivo. Lui che sognava così il weekend perfetto, magari con la Rossa: «Pole, vittoria e giro veloce», si ritrova a lottare per la vita in un letto di ospedale.

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