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"Messia" Ibra vince la sua partita ma in paradiso va la classe operaia

"Messia" Ibra vince la sua partita ma in paradiso va la classe operaia

Milano Vince la classe operaia interista E Lukaku ci mette solo la ciliegina finale. Perde il gigante che meritava di vincere il derby. Ha vinto il suo, quello personale. Ma non sarà sufficiente a cicatrizzare una ferita. E comunque c'è gigante e gigante. Dici Ibra e basta la parola. Trequarti d'ora per spiegare che quelle braccia aperte come un Cristo del Corcovado non sono una esibizione da guitto di periferia. Ibra è cittadino metropolitano del calcio, capitano di ventura avventuroso e avventuriero. Volevate la battaglia dei giganti, voi 70 mila raggrumati, come la terra in un pugno, nel catino di San Siro? Eccoli laggiù sul campo. Il cattivissimo e il buonissimo. Eppoi bambini e bambocci che, alla lunga, hanno tirato il colpo basso al cattivissimo che stava facendo malissimo. É bastato un colpo d'occhio per capirne qualcosa. Romelu, il buon Lukaku, vagava a caccia di un pallone senza che nessuno glielo offrisse. Ibra si è avventato sul primo che passava in area, dopo un minuto e nove secondi: girata da giocatore di rugby. Ma il giusto tanto per dire: ci sono. E così fu. Lukaku, il gigante buono, gioca per la squadra, ma la squadra non giocava per lui. Poi quando la squadra si è messa a giocare, ha fatto da spalla alle seconde linee e ha lasciato il bacino del buon ricordo: andando a segno in entrambi i derby. Resterà nella storia sua e dell'Inter.

Ibra gioca per sé e per chi lo segue e il Milan si è disteso sotto le sue ali da airone, lasciandosi carezzare dall'onda del venticello della speranza. Ibrahimovic è tipo che ci tiene agli appuntamenti che fanno statistica: quattro sfide contro l'Inter, in rossonero, ed ecco zampa o crapa in cinque gol, ovvero quattro reti e un assist.

No, Ibrahimovic non è tipo da farsi dimenticare. Ieri, magari, mostrava qualche segnale dell'età, soprattutto non sempre efficace come vorrebbe la maestà sua, ma intanto era sempre lì, come raccontano storie e vicende dei centravanti che lasciano il segno. E forse non a caso quando debutta, o si ripresenta come stavolta, nelle partite stracittadine lascia un segno, ovvero te lo dice con un gol. Ieri sera nel giro di cinque minuti, ha affossato Godin e la sua testolona ha avviato la palla verso la paperella di Padelli e il piede di Rebic.

Eppoi chi fa da sé... un'altra testata per alzare le braccia del Dio che vuol essere. Peccato che il Milan, inteso come squadra non abbia la stessa stoffa. Ovviamente il diavolo fa le pentole e dimentica i coperchi: sono bastati sette minuti della ripresa, per rovinare tutta la faticaccia. E una manciata in più per cambiare faccia al duello dei giganti. Il fantasma di Lukaku era già rispuntato per bocca dello speaker, che ha invitato il pubblico all'osanna al gigantone avendo messo male gli occhiali: segna Vecino, ma lui vede Lukaku. E tutti in festa. Niente di male se poi De Vrij ha fatto il Lukaku andando ad imitare Ibra: testolona e gol.

Ovvero: vince l'Inter, il Milan perde, Ibra ci resta male ma è l'unico in maglia rossonera a non aver perso.

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