Il Titano della verità tra Conti, Roglic, Yates e il futuro in rosa

La crono di San Marino tappa chiave anche per Nibali. Saronni: «Segnò la mia carriera»

Il Titano della verità tra Conti, Roglic, Yates e il futuro in rosa

Pesaro «A San Marino mi legano ricordi indimenticabili: qui ho messo la mia prima maglia rosa e a 21 anni cominciai a sognare di poter vincere il Giro d'Italia». Beppe Saronni non dimentica e non potrebbe fare altrimenti, visto che oggi per ultimo e in maglia rosa scatterà un suo ragazzo: Valerio Conti, 26 anni, romano di Roma, portacolori della UAE Emirates, la formazione degli Emirati di cui il 61enne campione di Parabiago oggi è uomo immagine e consulente tecnico.

Evochi San Marino e Beppe Saronni, due Giri e un mondiale in un palmares di assoluto prestigio, torna velocemente indietro di quarant'anni. Ieri come oggi un'altra crono: quella vinta tra Rimini e il Monte Titano, che nel '79 gli consentì di strappare il primato a quello che sarebbe diventato di lì a breve suo acerrimo rivale: Francesco Moser. Una vittoria che per molti doveva restare isolata, ma che invece si è trasformata chilometro dopo chilometro in una fantastica marcia trionfale fino alla consacrazione all'interno dell'Arena di Milano.

«Quella giornata è stata lo spartiacque della mia carriera - ci racconta Saronni -. Così come la tappa di domani (oggi per chi legge, ndr) potrà esserlo per questo Giro. Le crono dicono sempre la verità».

Corsi e ricorsi della storia, in questo caso anche di ricordi. «Fu un'emozione pazzesca prosegue Saronni -. Ricordo solo che quella sera neanche mi capacitavo di quanto fossi riuscito a fare, però il mattino dopo, ero sereno come mai. Per l'incoscienza, più che per la consapevolezza dei miei mezzi».

San Marino è punto nevralgico di questo Giro. Un passaggio non banale, che non mancherà di segnare la corsa rosa dopo appena una settimana di fatiche. Quasi 35 chilometri contro il tempo.

I primi 22 praticamente piatti e gli ultimi dodici di salita con una pendenza media che sfiora il 7 per cento. È chiaro che in una prova di questo tipo, non essendo un drago, il nostro Vincenzo Nibali dovrà correre sulla difensiva. Molto più a proprio agio l'ex maglia rosa, lo sloveno Primoz Roglic, vincitore della crono iniziale a San Luca. E lo stesso discorso vale per l'invisibile Simon Yates, uno dei maggiori indiziati alla vittoria finale.

Una cosa è comunque certa: non vincerà uno qualsiasi. Anche perché da queste parti non è mai accaduto.

Basta dare una scorsa all'Albo d'oro della Repubblica, dove troviamo nomi importanti: da Astrua (il primo a imporsi nel 1951) a Gimondi, passando per Bitossi e Merckx, per arrivare a Visentini nel 1987.

Tra i nomi eccellenti figura anche quello di Pavel Tonkov (1997) e, l'anno successivo, di Andrea Noè: nomen omen, visto che seppe imporsi sotto il diluvio per soli 7 su Marco Pantani, e riuscì nell'impresa di vestire anche la maglia rosa. Premio che da queste parti non è poi così remoto.

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