Cultura e Spettacoli

SPOTTAMBULI, IL PIACERE DELLA PUBBLICITÀ

Sono lontani i tempi in cui Federico Fellini combatteva le interruzioni pubblicitarie all'interno dei film in tivù al grido: «Non si interrompe un'emozione». Negli ultimi anni molti spot si sono rivelati essi stessi un'emozione, e i soliti provocatori hanno rincarato la dose, sostenendo che ora sarebbero gli spot a non dover essere interrotti da tanti brutti programmi o film scadenti. Che la pubblicità goda di ottima salute e sia quanto mai accattivante dal punto di vista creativo è sotto gli occhi di tutti. Se poi volete averne una conferma a livello internazionale date un'occhiata a Spottambuli (sabato su La 7, all'una di notte), una sorta di collage dei più curiosi, divertenti e funambolici modi di pubblicizzare prodotti di ogni tipo in onda sulle tivù di mezzo mondo. Il che consente, al telespettatore italiano, di fare anche una comparazione tra diversi stili e sensibilità culturali nel proporre i cosiddetti consigli per gli acquisti. Si scopre quel che in parte già si sapeva, e cioè che all'estero i pubblicitari usano il paradosso e l'impertinenza ironica in modo assai più spinto e sfrontato di quanto accada da noi. Ma lo si scopre con piacere, come di fronte a una sferzata di aria fresca. A volte i rovesciamenti paradossali non sono particolarmente sottili ma puntano semplicemente all'effetto sorpresa di un mondo capovolto in cui ad esempio sono i cani a preoccuparsi di cosa mangiano e bevono i loro padroni, raccomandando questo o quel prodotto. Altre volte si vola più alto e certi spot, sia che si parli di compagnie di assicurazione o di preservativi o di moto di grossa cilindrata, attingono a una capacità immaginativa e di spiazzamento del tutto degna di una valenza artistica. Un certo modo scanzonato e fantasioso di pubblicizzare i prodotti è ancora impensabile alle nostre latitudini, dove sopravvivono (salvo le eccezioni che confermano la regola) molti spot di impostazione tradizionale. Guardare cosa producono gli altri sotto l'aspetto della confezione pubblicitaria, in epoca di globalizzazione, è un'opportunità interessante e istruttiva. Lo si fa in compagnia dei conduttori Pamela Rota e Francesco Mandelli, che non avrebbero bisogno di forzare troppo gli accenti ironici come capita loro in qualche occasione. Qua e là compaiono contributi satirici, come quello affidato al comico Rocco Barbaro, o interventi di personaggi conosciuti. Nella puntata scorsa è stato il turno di Vittorio Sgarbi, esibitosi in gustose digressioni estetiche e culturali sul rapporto tra arte e rappresentazione, sul concetto di «male» e sulla malinconia che lo prendeva da giovane quando, già sicuro di diventare famoso, si stupiva che non ne fossero certi anche gli altri.

Della serie: lei non sa chi sarò io.

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