La stanza di Mario Cervi

Caro Cervi,
Mi riferisco alla sua Stanza di qualche giorno fa. Sono un esule istriano e condivido integralmente, ripeto integralmente, quanto scritto dal signor Luciano Valenta. È la prima volta, dalla nascita del Giornale, che mi trovo in totale disaccordo con il suo pensiero. Le guerre non si dovrebbero mai fare (veda quella in atto con la Libia) ma una volta decise bisogna portarle avanti con onore e sacrificio. La nostra tragedia è iniziata l’8 settembre e le colpe non sono da attribuire a chi decise la guerra (dove mi lascia Vittorio Emanuele III?) ma a fattori, come lei sa, ben più complessi. Non pensa che tutte le nazioni, Inghilterra, Francia, America in testa, non abbiano avuto un ruolo primario nella immane tragedia? L’orrore delle foibe non appartiene solo alla disfatta, ai titini ed ai comunisti, ma soprattutto alla volontà dei vincitori che non vollero contrastare quanto fatalmente sarebbe accaduto. Chi permise a Tito di attestarsi in Trieste come padrone per 40 giorni? Perché Freyberg, con la sua divisione di australiani si fermò tre giorni a Monfalcone? Questi sono i veri occulti colpevoli. Dovremmo fare un monumento in ogni città a Maria Pasquinelli, forse neppure istriana, che vendicò con qualche colpo di rivoltella tutte le sofferenze di noi istriani.

Sono profondamente avvilito ed anche umiliato che un gentiluomo come lei non abbia saputo cogliere nelle parole dell’esule il profondo dolore di quegli avvenimenti lontani. Le sarò grato se potrà far avere al signor Luciano Valenta la mia lettera. Continuerò a leggerla ma, non le nascondo, con minor diletto.
Genova

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