«La storia dell'arte dei miei 40 anni passati in galleria»

Ha lavorato con i più grandi artisti, ha 4 sedi tra Venezia e Cortina: «E il bello è che ogni giorno è come una festa»

Fernando Botero, Giuseppe Cesetti, Mikhail Baryshnikov, Enzo Fiore e ancora Zoran Music, Sophia Vari, Carla Tolomeo, Robert Indiana, Julio Larraz, Igor Mitoraj. Sono solo alcuni degli artisti nazionali e internazionali che hanno reso celebri le sue gallerie d'arte. Toscano d'origine (nato a Pistoia nel 1950) e veneziano d'adozione, Stefano Contini si è dedicato al commercio dell'arte dalla fine degli anni '60 e, da allora, non ha mai abbandonato la sua più grande passione. Conclusi gli studi tecnici nel 1969, si è dapprima distinto nel settore delle pubblicazioni specializzate - fino al 1979 è stato responsabile della Rizzoli Editore e della Rizzoli-Finarte nel Veneto - e in seguito ha intrapreso la carriera di gallerista, divenendo in breve tempo un mecenate esperto e lungimirante, capace di riconoscere l'unicità di vari artisti e coltivare nel tempo il loro talento. Grazie al suo intuito e alla sua stoffa imprenditoriale, Stefano attualmente rappresenta un punto di riferimento essenziale per artisti di fama internazionale e un'icona irresistibile per i più importanti collezionisti d'opere d'arte contemporanea. E, a testimonianza che il suo amore per l'arte non è stato solo un colpo di fulmine, oggi sono ben quattro le Gallerie - due a Venezia (la principale in Calle Larga, la sede storica in Campo Stefano) e due a Cortina (aperte durante la stagione turistica) - che portano il suo nome. Tra gli artisti in permanenza, trovano qui preziosa dimora figure del calibro di Botero, Larraz, Fiore e Mitoraj. Di fermarsi ad ammirare le sue conquiste e accontentarsi di quanto fatto, però, Stefano Contini non ne vuole sapere. Raggiante, energico e fresco di compleanno - il 14 ottobre 2015 ha compiuto 65 anni - ecco cosa ci ha raccontato dei suoi desideri, del suo lavoro e dei suoi sogni per il futuro.

Sessantacinque anni appena compiuti. Il regalo più grande per il suo compleanno?

«Un'intervista tra quarant'anni? Si può? Al di là delle battute, ho avuto una vita intensa e fortunata. Nel complesso devo dire che tutti i miei giorni sono stati una festa, non posso dire di avere nessun rimpianto particolare».

La sua attività compie quest'anno quarant'anni di onorato servizio. Quando ha capito che da grande voleva fare il gallerista?

«Fino al '79 sono stato responsabile per Rizzoli Editore. Quando ho iniziato a fiutare una situazione di crisi, ho deciso di cambiare lavoro e di fare qualcosa che mi fosse più congeniale. L'arte, d'altronde, è sempre stata una mia grande passione e nella vita, per essere felici e realizzati, bisogna fare quello che piace».

Qual è stata la ricetta del suo successo?

«Il mio scopo in ogni momento è stato quello di promuovere gli artisti, di farli crescere nel corso tempo. Se un artista si fida di te, viene a cercarti per sentirsi al sicuro, ha bisogno della tua salvaguardia. Negli anni '80, poi, ho avuto anche la fortuna di viaggiare molto in America e Giappone e incontrare prestigiosi artisti internazionali. Artisti fondamentali per essere competitivi sul mercato dell'arte attuale, soprattutto di questi tempi».

Che requisiti deve avere un gallerista per acquisire buona fama presso artisti e collezionisti?

«Il titolare di una galleria d'arte è prima di tutto un imprenditore. Deve saper guardare avanti, anticipare il futuro, avere anche dimestichezza con le pubbliche relazioni. L'arte, come la moda, è un universo in continua evoluzione. Si deve, perciò, conoscere la storia dell'arte ma anche saper interpretare il gusto del momento e prevedere i cambiamenti. La galleria, insomma, è il terminale di un lungo lavoro dietro le quinte. Indispensabile, ad esempio, è sicuramente la capacità di creare una complicità benevola con gli artisti, una vera simbiosi con loro. Quando si percorre una lunga strada insieme, del resto, è necessario avere il giusto compagno di viaggio».

Gli artisti e gli incontri che l'hanno più segnata?

«Igor Mitoraj è stato uno degli incontri più importanti della mia vita e la sua scomparsa (l'artista è morto a Parigi lo scorso anno) una grave perdita. Oltre ad essere stato uno dei maggiori scultori della contemporaneità, è stato per me un amico fraterno. Nel corso della mia esperienza, umana e professionale, ho ricevuto poi grandi soddisfazioni anche da parte di Botero, con cui ho lavorato per vent'anni anni, e Julio Larraz, grande pittore americano di origine cubana, che, prima di diventare pittore, cominciò da giovanissimo come caricaturista per il New York Times e il Washington Post . A questi artisti mi lega un rapporto profondo, ma nella mia carriera sono stati moltissimi gli incontri positivi. A volte, naturalmente mi è capitato di sbagliare, come con Fabrizio Plessi, ma nella maggior parte dei casi ho avuto fiuto e ho indovinato bene su chi valeva la pena puntare, a chi dovevo dare fiducia».

Sono numerosi i cambiamenti che, in un breve arco temporale, hanno interessato il mercato dell'arte. Quali sono stati i più significativi?

«Con l'informale, a partire dagli anni '50, è cambiato radicalmente il modo di rappresentare e vedere l'arte. Se i nostri padri e nonni amavano e ricercavano l'arte figurativa, oggi i collezionisti sono sempre più bombardati a livello mediatico dall'arte concettuale e, devo dire, hanno anche una visione più ampia, ricca. Sono mutate, del resto, anche solo le modalità di acquisto dell'arte: oggi le aste sono sempre più rilevanti e molti cercano grandi tele per riempire case rigorosamente bianche e minimal. Nella nostra epoca, poi, tutto è più globalizzato, le culture più diverse si sono avvicinate e gli artisti stessi sono sollecitati da stimoli e trasformazioni continue».

In un contesto così soggetto a oscillazioni ed evoluzioni, che importanza rivestono le fiere di settore?

«Le fiere d'arte ancora oggi sono importanti per conoscere le ultime novità, le maggiori tendenze del momento. Rispetto a un tempo certamente, però, non c'è un unico canale di vendita. Il mercato è sempre più frammentato: ci sono le fiere, le gallerie d'arte, ma soprattutto il grande e potente mondo della rete, di internet».

Capitolo crisi. Quanto ne ha risentito l'arte?

«In tempi di crisi un professionista si avvantaggia, chi è preparato sopravvive eccome alle difficoltà, questo per un semplice processo di selezione naturale. L'arte ha momenti più o meno floridi, ma resiste alla crisi. Nonostante situazioni di depressione economica, è un mondo che continua a riscuotere interesse e investimenti. Se oltre il 50% delle gallerie in Italia ha chiuso i battenti, il problema va ricercato all'origine: furono aperte in modo convulso, senza adeguata preparazione. In questo mestiere non ci si può improvvisare».- Visto che di stare con le mani in mano non ne vuole proprio sapere, quali sono i suoi progetti per il futuro?

«L'anno prossimo una mostra su Zoran Music, un artista a cui non dedico una mostra da quindici anni. Per i miei esordi è stato un incontro di grande rilievo, mi ha presentato tutto il mondo dell'arte che contava in quel momento storico. Il 29 aprile 2016 è in arrivo, poi, un evento epocale. Per la prima volta gli scavi di Pompei ospiteranno un artista contemporaneo: il grande Igor Mitoraj. Si tratta di un'iniziativa promossa dal Ministro dei Beni e delle attività culturali Dario Franceschini e sponsorizzata dalla Fondazione Roma con il suo presidente Emmanuele F. M. Emanuele.

In futuro, del resto, sarà sempre maggiore il mio impegno a far sì che Mitoraj venga consacrato nell'olimpo dei più grandi artisti e scultori della storia. Un piano della mia galleria a Venezia non a caso sarà, infatti, destinato in modo permanente a questo artista. Un segno d'affetto e omaggio a un talento straordinario».

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