La storia La festa? Un’americanata. Che abbiamo inventato noi

KILLER Torme invasate di ragazzini si divertono a infliggere all’animale scherzi orribili

Anche quest'anno - c'è da scommetterci - per Halloween saremo sommersi da una doppia colata di scempiaggini. Una è la crescente sbrodolata di sciocchezze consumistiche, costumi da streghe, mantelli da pipistrello, horror a buon mercato, grand guignol della mutua. L'altra è l'indignata lamentazione di tutti quelli che vedono nella cosa una degradante intrusione culturale straniera, un attentato foresto al repertorio folclorico di casa nostra.
Il piagnisteo sbaglia obiettivo: non siamo di fronte a una invasione di campo estranea alla nostra cultura ma alla riedizione foresta di una tradizione nostrana di cui noi ci siamo dimenticati e che, per inguaribile provincialismo, ripeschiamo in versione degradata e consumistica, riempita di immagini che con la vera ricorrenza c'entrano nulla.
Halloween è la contrazione di «Hall hallows eve», e cioè «notte di tutti i santi», traduzione inglese del nostro Ognissanti, che è a sua volta la cristianizzazione di una antichissima festa celtica, Samain o Samonios, una delle quattro ricorrenze stagionali che cadenzavano il calendario. Tutte sono state assorbite dal culto cristiano: Beltane è diventato Calendimaggio (e poi, un po' acrobaticamente, la festa dei lavoratori), Imbolc la Candelora e Lugnasad San Lorenzo. Samain (poi sdoppiata nella ricorrenza dei Santi e dei morti) era però la più importante perché segnava la fine e l'inizio del ciclo annuale, era il Capodanno.
Come in tutti i Paesi di cultura celtica, anche nella Gallia Cisalpina questa era una delle feste più sentite che si è conservata in robuste usanze popolari. Per la notte dei morti si preparavano (molti ancora lo fanno) le tavole imbandite per i defunti che venivano a visitare le case. Quasi dappertutto si scavavano le zucche in forma di teschio e ci si metteva una candela, il cui calore fondeva la polpa che veniva offerta ai morti e poi il giorno dopo con zucchero o miele ai bambini. Ecco da dove saltano fuori le zucche scavate e i dolcetti.
La festa è stata portata in America dagli immigrati di origine celtica (non solo irlandesi) e poi ci è ritornata ricoperta di orpelli idioti e macabri più adatti alla notte di Valpurga (antica ricorrenza della cacciata dei demoni invernali) o a cattivi film dell'orrore che alla vera tradizione. Che era di pace, affetto, serenità, collegamento naturale fra vita e morte: un segno centrale delle antiche tradizioni religiose celtiche che è passato al cristianesimo.
Così la testa di morto (la «lümera») è diventata «Jack-o'-lantern» e come tale ci è arrivata. Anche il noioso mantra «Trick or treat» («trucco o offerta», malamente tradotto in «scherzetto-dolcetto») deriva dalla consuetudine di offrire cibo ai defunti che, se non fossero stati soddisfatti della qualità delle vivande, avrebbero potuto lasciare un dispettoso segno del loro passaggio.


Se oggi si parla di Halloween e non di lümere è perché noi abbiamo dimenticato le nostre culture più antiche e ci facciamo sedurre da vigliaccate allogene che sono la deformazione delle nostre. Quindi niente lamentazioni sull'americanizzazione o sulla globalizzazione, ma solo sulla nostra incapacità di sostenere e valorizzare le nostre ricchezze culturali. È anche peggio.

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