Sull’influenza aviaria l’Ue chiede la collaborazione dei cacciatori

Sull’influenza aviaria l’Ue chiede la collaborazione dei cacciatori

Da settimane si discute del problema «influenza aviaria»: una patologia data da un virus (anzi, da più ceppi di tale virus) che attacca il pollame domestico e, in alcune sue forme, anche gli uccelli selvatici, trasmettendosi per via aerea. A dire il vero, questi ultimi sono sempre stati portatori sani (nei quali cioè la patologia non appare in maniera conclamata) di alcuni ceppi del virus, ma non per questo la salute umana ha mai corso rischi. Il vero pericolo potenziale discende semmai da quelle varianti del virus che hanno interessato milioni di soggetti di pollame domestico - donde il nome di «influenza dei polli» - nel continente asiatico, ma la prevenzione si ottiene con accorte misure alle frontiere e negli allevamenti intensivi.
Naturalmente, non sono mancate le richieste al Governo di non aprire la caccia alla migratoria, o addirittura la caccia tout court, da parte dei soliti animalisti nonché dei Verdi e altre forze politiche in Parlamento.
Strumentalizzazioni? Sì, tanto per cambiare. Ultima smentita sul ruolo importante che, al contrario, i cacciatori possono giocare in questa partita, è venuta dal Commissario Ue alla Sanità e Protezione dei consumatori, Markos Kyprianou. Egli ha infatti affermato l’opportunità di «coinvolgere i cacciatori europei nell’azione di prevenzione contro la diffusione del virus killer dei polli», poiché i cacciatori stessi hanno la possibilità di individuare uccelli selvatici morti per cause non chiare e quindi di portarli ai soggetti preposti affinché siano analizzati, monitorando così la situazione in tempo reale.
Chi ricorda il disastro dell’Icmesa di Seveso, nel 1976, con la fuoriuscita della nube tossica di diossina, la cloracne e tutte le altre conseguenze di quel caso? Ebbene, allora furono proprio i cacciatori da capanno, gli impianti di cattura di richiami vivi e gli osservatori ornitologici a collaborare con la Provincia di Milano e il Comitato provinciale della caccia, fornendo numerosissimi soggetti di turdidi e fringillidi abbattuti o catturati affinché gli organismi sanitari ne prelevassero ed esaminassero il sangue, procedendo a tutti gli accertamenti conseguenti.

Ben venga quindi l’atteggiamento equilibrato e aperto alle sinergie con le componenti sociali manifestato dal Commissario europeo, con l’auspicio che pure nel nostro Paese qualcuno si decida finalmente a recuperare un minimo di razionalità e buonsenso.

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