«Il mio amore è un sapore daltrove, una superstizione pudica nellosceno...». È un verso di uno dei più nascosti poeti degli ultimi decenni, tanto nascosto che è anche uno dei nostri più celebri romanzieri, Alberto Bevilacqua, di cui segnaliamo lultimo lavoro di narrativa, Lamore stregone (Mondadori, pagg. 216, euro 18,50). Dove leggiamo, per fare il paio con il verso di prima, che «oltre il limite dellinnocenza ardita cè una voluttà sconosciuta che impone la sua legge, ti obbliga ad assecondarla». Si tratta dunque di un romanzo di formazione e sesso, di erotismo e sensi, quei sensi dolorosi e malinconici di chi è innamorato fin da bambino. Ma è anche il racconto, calibrato e sapiente, di quei particolari momenti dellanima «quando le cose sembrano chiedere destino e armonia» e un ritratto vivido delle vicissitudini interiori, misteriose e paralizzanti, che spesso avvengono in famiglia, le famiglie infelici, fascinose e infelici, ça va sans dire...
Protagonista è Sara, nata a Villa Kar nei pressi di Trieste, «al confine di un territorio di confine»: figlia di Tommaso, magistrale e kreutzeriano pianista giramondo, e di Marlene, donna di eccezionale avvenenza, torbida, decadente, a tratti conformista. Da questi genitori Sara conoscerà controvoglia - «controvento» direbbe il Bevilacqua poeta - il vuoto fagocitante dellanima: «Capivo che la mia solitudine stava racchiusa nella musica paterna che mi mancava, ma, anchessa, non come assenza occasionale: infatti, era nata con me...». Toccherà di nuovo a Sara capire i genitori e superarli, attraverso un lungo cammino di deviazioni sentimentali provocate da personaggi potenti ma contrapposti: come lo zio Samuel, gentile e depresso, sfortunato e profondo, creatura di crescita e di morte (viaggiando con lui Sara sente «terminare la propria infanzia»), o come il giardiniere Max, animalesco e oltraggioso, che vorrebbe approfittare di lei e la induce a un reciproco gioco di maliosi ricatti. E come lo stesso padre Tommaso, con cui Sara sfiorerà lincesto, trattenendosi proprio grazie a un dono che potremmo chiamare di «saggezza musicale» o poetica.
Per questo motivo consigliamo Lamore stregone a partire proprio dal Bevilacqua poeta, dal momento che di lui - basta leggere Il corpo desiderato - si può dare lo stesso giudizio che un critico appose su Codice siciliano di Stefano DArrigo: «È una delle poche volte che la poesia contemporanea desta alle lacrime».
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