TORNANO LE TRE TAVOLETTE

Sì, lo so. Detto così, suona strano. Ma anche Il Lavoro - sì intendo proprio le pagine genovesi de La Repubblica ottimamente guidate da Franco Manzitti - ogni tanto pubblicano roba di sinistra. Di sinistra vera, intendo.
Certo, ciò avviene con minore frequenza di quanto accada, per esempio, su queste pagine. Che spesso e volentieri contrastano le idee della sinistra - quella di fustagno, ma anche e soprattutto quella di cachemire, la più insidiosa e subdola, soprattutto a Genova - ma danno spazio a tutti. Proprio perchè ognuno possa farsi un’idea e poi giudicare e scegliere.
Insomma, sta di fatto che spulciandomi i nostri archivi, sono andato a ripescare una di queste non numerosissime, diciamo così, incursioni di idee di sinistra-sinistra sul Lavoro. É stato un po’ un lavoraccio, ma ne valeva la pena. Perchè alla fine ho trovato ciò che cercavo. Era il 17 marzo 2003, il firmatario era il segretario regionale di Rifondazione Giacomo Conti, e il titolo era bellissimo: «Caro Ulivo mi sembrate proprio matti».
Conti, da cui magari ci possono dividere mille cose, ma a cui va riconosciuta una visione politica - che non è la nostra, che è molto lontano dalla nostra, ma che è una visione -, analizzava nell’articolo la scelta del centrosinistra di mettere in piedi giunte guidate da uomini di centrodestra pur di strappare i Comuni alla Casa delle libertà. Ad esempio, parlando di Chiavari scriveva all’Ulivo: «Sostenete una candidatura espressione sino al giorno prima di An e Lega. Dite: “L’importante è battere Agostino“. Ma una coalizione che non riesce a formarsi su grandi progetti politici, si dovrebbe formare almeno su un elemento forte per imprimere un elemento di rinnovamento. E invece no, voi volete distruggere la statua del barbaro conservandone il piedistallo, volete amministrare senza Agostino con la politica di Agostino».
I fatti hanno dato ragione a Conti.

Quella politica a Chiavari e poi a Sanremo e almeno in parte a Rapallo, ha portato sì l’Ulivo a scalzare il centrodestra, ma con progetti politici talmente inesistenti da crollare miseramente poco dopo. Poi, magari, si può prolungare l’agonia con giochini come le dimissioni (...)

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