Di festival si può anche morire. Annichiliti dalla noia, ad esempio. O soffocati dalle polemiche. O sommersi dai debiti.
Più o meno quello che sta accadendo in questi giorni a Pesaro, che ospita uno fra gli ultimi, ma non ultimo, festival che spuntano a ogni estate italiana. Nella «ridente» cittadina adriatica si è aperto ieri, per il secondo anno, un festival della Filologia, battezzato «Salone della parola» e presentato come organizzato dalla Fondazione Olivieri (glorioso ente settecentesco che ha il compito di occuparsi della gestione della biblioteca storica e del museo archeologico cittadino, i quali versano però in stato di degrado). La manifestazione, che lanno scorso si è svolta su quattro giorni, con un corredo di ben 55 fra incontri e presentazioni, ha raccolto un «oceanico» pubblico complessivo di 1089 persone. A fronte di una spesa di circa 60mila euro. Pochi giorni fa, prima che iniziasse la presente edizione (che mette in campo 80 appuntamenti: come è noto da chiosa nasce chiosa...), è sceso in campo, chiedendo chiarezza, il consigliere regionale Giancarlo DAnna. Attraverso uninterpellanza (a cui ne è seguita proprio ieri unaltra della Lega) ha denunciato di essere venuto a conoscenza che il marchio della manifestazione sarebbe stato depositato e registrato privatamente dal curatore della rassegna, e non dallEnte Olivieri. E che il curatore (ex dipendente pubblico e già assessore alla cultura della provincia, in quota «a sinistra») non avrebbe informato il Consiglio damministrazione dellEnte di disporre del marchio. Insomma, DAnna passa sotto la lente uniniziativa che «risulterebbe di esclusiva proprietà di un cittadino privato» ma finanziata per buona parte anche con denaro pubblico. Dal «Salone della Parola», finora, sono arrivate solo risposte vaghe. E dalla parola riducono al silenzio, con una revoca dellinvito, coloro che hanno sollevato «giudizi poco lusinghieri» sulla manifestazione, come hanno raccontato al Giornale fonti che preferiscono rimanere anonime.
Per quanto riguarda lo specifico «culturale» del festival di Pesaro, in mezzo ad alcuni «soliti noti» e molti peones, il programma della rassegna abbonda di numerose chicche, come un incontro dedicato ai discussi diari di Mussolini pubblicati questanno da Bompiani (con la dizione «veri o presunti») senza però prevedere la presenza di uno storico contemporaneo, o lennesima conferenza di Luciano Canfora sul papiro di Artemidoro, argomento noiosamente già affrontato in tutta Italia e, non ultimo, proprio a Pesaro lo scorso anno...
Ma, nella calda estate dei festival, ciò che accade in riva allAdriatico non è uneccezione. Lapprossimazione è un rischio frequente, gli autori spesso sono più importanti dei libri, le vicende dellattualità più della storia. E le idee tanto più di successo quanto più già sentite.
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