Cronache

Tutte le «carcasse» che l’assessore non vede

Tutte le «carcasse» che l’assessore non vede

«Sul Monte Moro c'è di tutto ma non auto abbandonate»: quando i residenti leggono la «precisazione» dell'assessore alla Sicurezza Francesco Scidone sul nostro Giornale di sabato, sospirano in coro. Alle spalle la chiesetta di Santa Chiara rivestita di pietre e coi travi di legno, in mano il Giornale con le dichiarazioni dell'assessore (sul Monte Moro «sicuramente sono presenti lavatrici e altri generi di discarica ma non veicoli in presunto o evidente stato di abbandono»), di fronte un grosso relitto (di auto) arrugginito con i cerchioni all'insù, come un grosso scarafaggio caduto sulla schiena e incapace di girarsi sulle zampette.
Giorgio Benincasa abita proprio di fianco alla chiesetta consacrata nel 1970 dal cardinale Giuseppe Siri. Davanti a lui un panorama mozzafiato, tanto che più di una volta Benincasa è riuscito a convincere le giovani coppie a sposarsi lì. «Quale posto migliore per giurarsi infinito amore - assicura - di questo belvedere che sembra perdersi nell'eternità?». Ma ieri non era l'orizzonte a occupare la vista e i pensieri dell'associazione «Amici di Monte Moro». «Se lo stesso assessore nega la presenza di auto abbandonate come possiamo sperare che il Comune porti via quelle che sono rimaste?».
Tanto più dopo che la scorsa settimana oltre 50 volontari hanno passato al setaccio la zona per ripulirla da sacchetti, lattine, pezzi di ferro abbandonati. Un lavoro che ha coinvolto l'Associazione Nazionale Alpini e le famiglie, coi bambini, della scuola elementare e materna Padre Ottavio Assarotti di via San Bartolomeo degli Armeni. Il cui direttore, Argeo Viscardi, non ha lesinato elogi agli uffici del Comune per «la disponibilità e la gentilezza dimostrate». Ma ora? Mentre l'assessore ne nega la presenza, la vegetazione bruciata nell'incendio dello scorso autunno ha iniziato a ricrescere fagocitando tra i rovi cumuli di lavatrici, lavastoviglie e un gruppetto di moto poco distanti dalla strada. Scendendo dal belvedere, di lato all'antica «Hostaria di Monte Moro», chiusa da vent'anni, il vecchio percorso militare conduce al più gigantesco sistema di difesa della città. Cinque carcasse di auto prendono il sole a poche decine di metri dal ripetitore di telefonia mobile, subito sopra il Quartiere Azzurro. Ancora sotto, il bunker dove la Terza Legione di Artiglieria contraerea «La Dominante» aveva montato il famoso cannone 381. Qua una moto senza manubrio e cerchioni mentre la catena penzola inutilmente a terra, là una carcassa di macchina che rotolando dal pendio ha perso curve e design, intorno un mare di ginestre e piante di more spinose. In lontananza, subito sopra il cimitero di Nervi, le fiamme hanno riportato alla luce un'antica cava di ardesia scomparsa per decenni tra la vegetazione.
«È in direzione di quella carcassa là», fa segno con la mano per indicarci l'ingresso della miniera uno dei volontari, Salvatore Cossu. Cossu è nato su quel monte e fin da bambino ha imparato a districarsi dentro al bunker militare. «Bisognerebbe fare un museo in questo posto», suggerisce nel fare strada con una grossa torcia in quel dedalo formato da centinaia e centinaia di metri di cunicoli che si snodano dentro la montagna tra soffitti ad arco, antichi depositi di armi e di munizioni, alloggi dei soldati, cisterne dell'acqua e in fondo una scala a chiocciola che si avvolge su se stessa per 50 metri fino alla cima del monte. E poi, ancora carcasse. Sulla destra, a un certo punto, in una di quelle gallerie sotterranee, compare quel che resta di una vecchia cinquecento. Poco dopo, il faro della lampada illumina lo scheletro di una moto appoggiata a un suv di ultima generazione completamente carbonizzato ma di cui si riconoscono ancora marca e modello: è un Rav 4 Toyota. «Questa macchina è arrivata da poco», assicura Cossu che negli ultimi mesi col suo fuoristrada, insieme a Benincasa, ha tirato su dalla scarpata 6 carcasse tra le quali un vecchio furgone 850 della Fiat. «Purtroppo a volte sono troppo lontane dalla strada per essere agganciate alla macchina», spiega Cossu. Ma «se il Comune ci fornisse almeno un verricello abbastanza potente - interviene Argeo Viscardi - noi dell'associazione potremmo trascinare sulla strada la maggior parte dei relitti che ci sono».

E che per l'assessore non esistono.

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